Dopo il grande successo de “La custode dei peccati”, diventato un bestseller internazionale, Megan Campisi torna con un nuovo romanzo che intreccia le vicende di personaggi femminili forti, ispirati a persone realmente vissute, con la storia con la esse maiuscola. “La stanza dei segreti” è uscito per Nord il 21 maggio.
La guerra civile infuria e, per aggiudicarsi la vittoria, servono armi più potenti di cannoni e fucili. Servono informazioni. Per Kate Warner è l’occasione che aspettava da tempo, fin da quando è stata assunta dalla leggendaria Pinkerton National Detective Agency, per dimostrarsi un buon agente sul campo. Siamo nell’agosto del 1861 e proprio Allan Pinkerton la sceglier per una missione delicatissima: provare a far collaborare Rose O’Neal Greenhow, vedova sudista che è stata trovata in possesso di un messaggio cifrato che, se decrittato, potrebbe porre termine a quella carneficina.
Ricca, viziata e razzista, la donna rappresenta tutto ciò che Kate disprezza. Lei che è nata povera e che ha sempre potuto contare solo su se stessa, non può sopportare l’arroganza con cui la vedova si ostina a proteggere un sistema basato sul privilegio e la sopraffazione. Eppure, per riuscire a conquistarsi la sua fiducia, Kate deve imparare a mettersi nei suoi panni, scoprendo così una persona forte e determinata, che combatte per ciò che ritiene giusto. Solo allora Kate si rende conto che una donna del genere – così diversa eppure così simile a lei – non può essere piegata. E che tutte e due sono pedine di un gioco dall’esito imprevedibile…
Non mi sono mai definita una “lettrice facile”, che trova di suo gusto ciò che legge solo perché è stato pubblicato dal tal editore blasonato o scritto dal tal autore di successo. Ma adesso, dopo aver studiato le regole base della narratologia, come dovrebbe funzionare una storia e quali elementi dovrebbe avere, sono diventata, se possibile, ancora più pignola.
Avevo grandi aspettative su “La stanza dei segreti”, visto la trama promettente, ma in realtà la lettura è stata una mezza delusione.
Il libro è diviso in due parti, e la prima è di una lentezza snervante. In sintesi l’azione non si muove mai dalla casa della vedova Greenhow, dove la donna è reclusa con la figlia di 8 anni e gli agenti dell’agenzia di Pinkerton che l’hanno arrestata in quanto collaboratrice dei nordisti. Azione ce n’è, ma la prosa non la sostiene a dovere, con il forte ricorso a flash back e riflessioni della protagonista, e l’impressione generale è di una storia che non procede. La seconda parte va un po’ meglio – quanto meno si cambia ambientazione.
La caratterizzazione della protagonista Mary Kate non è del tutto convincente a sua volta. All’inizio ci viene presentata una donna forte, che si è fatta da se e ha superato grandi prove e tragedie nel suo passato, tra Irlanda e Stati Uniti. Poi però, nel giro di poche scene, la vediamo capitolare al sentimento come se non aspettasse altro, e dopo (peggio!) perdere del tutto il controllo sul lavoro. Strano, poco motivato, precipitoso. Queste “cadute” non ce la fanno percepire come sfaccettata ma semplicemente come mal costruita.
Anche lo stile dell’autrice non mi ha convinta al 100%. Il ricorso costante ai flash back, per aprire scorci sul passato di Kate e su quello che ha passato, rallenta troppo la narrazione del presente, e la rende frammentaria. Il suo commentare quello che succede con ironia bah. E poi ci sono gli altri personaggi, sviluppati meno di quello che sarebbe stato necessario. Pensiamo solo alla vedova Greenhow, una comprimaria che avrebbe avuto tanto da dare ma che è stata sfruttata davvero poco.
“La stanza dei segreti” può contare su un’ambientazione davvero intrigante, perché la guerra civile americana ha un potenziale immenso, e sul tema dello spionaggio applicato al passato, che al lettore appassionato di romanzi storici e mistery non potrà non piacere. Nel complesso, però, una lettura che non mi ha colpita particolarmente, e che non so se ricorderò ancora tra qualche tempo.