Un film di Pedro Almodóvar. Con Julianne Moore, Tilda Swinton, John Turturro, Alessandro Nivola, Melina Matthews. Drammatico, 107’. Spagna 2024
Ingrid e Martha sono amiche da anni, e non si sono mai dette mezze verità. Ingrid è una scrittrice di successo il cui ultimo libro racconta la sua incapacità di capire e accettare la morte. Martha è stata una corrispondente di guerra e ora è affetta da un tumore che potrebbe essere curabile con una terapia sperimentale, ma intanto si è preparata all’idea di morire, e ha già scelto, nel caso, come farlo: con una pillola comprata sul dark web. Ciò che vorrebbe però è non morire sola, e poiché il suo rapporto con la figlia le appare irrimediabilmente compromesso chiede a Ingrid di soggiornare nella stanza accanto alla sua nel momento in cui dovesse decidere di “abbandonare il party”.
Adattamento del romanzo di Sigrid Nunez “What Are You Going Through”, “La stanza accanto” di Pedro Almodóvar, Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia, è il primo lungometraggio in lingua inglese del regista, che sceglie per l’occasione due grandi attrici come Julianne Moore (new entry nella sua cinematografia) e Tilda Swinton (con cui aveva già lavorato nel cortometraggio “The Human Voice”).
Ambientato negli Stati Uniti, il film inizia in una libreria dove l’autrice Ingrid (Moore) sta firmando copie del suo nuovo lavoro, una riflessione sulla morte. Dopo aver saputo che la sua vecchia amica, la reporter di guerra Martha (Swinton), è malata terminale, Ingrid le fa visita in ospedale e le due donne rinnovano vecchi legami. È in questo loro ritrovarsi che Martha chiederà ad Ingrid di aiutarla ad affrontare la morte imminente: vuole che Ingrid sia lì, letteralmente nella stanza accanto.
“La stanza accanto” è chiaramente un film di Almodovar in termini di personaggi – forti eroine femminili –, uso sorprendente del colore, con una forte presenza di rossi e verdi brillanti, e colonna sonora, vibrante e melodrammatica.
Tuttavia è l’opera meno almodovariana di tutte nella sua essenza più profonda. Forse la causa va ricercata nel tema trattato, l’eutanasia e la liberazione dalla paura della morte, che allontanano, almeno emozionalmente, il regista dai suoi lavori passati, o forse nella lingua. L’inglese risulta infatti più freddo rispetto allo spagnolo.
“La stanza accanto”, comunque, sembra stranamente incompleto. Tilda Swinton e Julianne Moore sono magnifiche insieme, autorevoli e commoventi, eppure l’opera non riesce a toccare del tutto lo spettatore, a parlare alle sue corde più intime come Almodovar ha fatto in passato.