Un film di Adam McKay. Con Brad Pitt, Christian Bale, Ryan Gosling, Selena Gomez, Marisa Tomei, Steve Carell, Melissa Leo. Drammatico, 130′. USA, 2015
Basato sul libro di Michael Lewis “The Big Short – Il grande scoperto”
Data di uscita italiana: 7 gennaio 2016
Nell’anno 2005, il mercato immobiliare americano appariva più stabile e florido che mai. Chiunque chiedesse un mutuo, preferibilmente a tasso variabile, era quasi certo di ottenerlo. Per questo, quando Michael Burry si presentò in diverse banche per scommettere sostanzialmente contro l’andamento del mercato, nessuno gli negò la possibilità di farlo, e anzi gli risero alle spalle. Michael Burry, però, aveva visto quello che il mondo non vedeva ancora: una pericolosa e crescente instabilità del sistema, peggiorata dalla vendita smodata di pacchetti azionari pressoché nulli, etichettati in maniera fraudolenta.
Giambattista Vico, quando tra 1600 e 1700 elaborò la teoria della ciclicità della storia, non poteva sapeva che questa si sarebbe poi dimostrata perfetta per raccontare le sette vite della Borsa e un mondo in cui è possibile acquistare e svalutare persino la morale.
Giocare in Borsa è un rischio, si sa. E lo è ancora di più se le regole sono truccate da chi dovrebbe essere arbitro e garante, ovvero le banche. Già, le banche, quelle entità sempre più astratte e incomprensibili, che ogni giorno fanno rimpiangere al povero risparmiatore di non aver puntato i propri soldi sul mattone.
Il mattone è l’investimento sicuro per antonomasia. Quando tutto è incerto, comprando casa metti al sicuro i tuoi soldi, i nostri nonni e padri ci hanno insegnato così. Su queste solide convinzioni, negli anni ’70, l’economia americana decise di creare un ricco business di obbligazioni sui mutui, permettendo alle banche vantaggiosi profitti. Cosa ci può essere di più sicuro delle obbligazioni sui mutui? Nulla, peccato che l’ingordigia dei banchieri non abbia limiti.
La bolla immobiliare è diventata sempre più grossa e incontrollabile col passare del tempo, al punto che negli anni duemila il mercato ha generato dei prodotti finanziari “spazzatura”, basati su obbligazioni piene di mutui sub prime caratterizzati da tassi variabili. Non scendiamo nei dettagli, diciamo solo che si trattava di una vera bomba a orologeria che nessuno, però, sembrava notare. Tutt’altro, la corsa senza freni a comprare e speculare continuava.
In realtà già nel 2006 ci fu chi intuì che ci sarebbe stato il botto e sarebbe stato pure gigantesco: Michael Burry (Bale), uomo dei numeri capace di leggere le cifre e di comprendere come, all’interno delle obbligazioni emesse dalle banche, ci fossero migliaia di mutui stipulati senza alcuna garanzia. Per questo decise di scommettere contro il sistema, chiedendo a decine di banche, come la Goldman Sachs, di emettere obbligazioni puntando sulla caduta della bolla immobiliare.
Burry, persona quasi autistica e schiva, fu deriso dai banchieri e rapidamente abbandonato dagli investitori del suo fondo. Ciò nonostante continuò a credere ai suoi dati e alla sua visione catastrofica, supportato da altri, incuriositi dalla sua visione.
“La grande scommessa” è un film che, sulla carta, avrebbe potuto far scappare a gambe levate dalla sala lo spettatore, perché di fondo si parla di affidabilità del sistema bancario americano, di faide e magagne dei controllori. Parole come sub prime, swap, AAA, rating, CDO vengono ripetute spesso, diventandone in breve le vere protagoniste, ma invece di allontanare il pubblico provocano in lui emozioni forti.
Un film in cui il pathos narrativo è scandito dalle valutazioni borsistiche e dall’opportunità o meno di acquistare, eppure questo non lo rende meno interessante.
Nella storia diretta da Adam McKay, vi avvertiamo, non c’è distinzione tra buoni e cattivi; ci sono invece diverse categorie di furbi, persone che hanno, chi più chi meno, la capacità di essere lungimiranti e scaltre nel cogliere il momento giusto per fare l’operazione speculativa più vantaggiosa.
La sceneggiatura è ben costruita, solida, asciutta, attenta e scrupolosa nel raccontare il complesso e caotico mondo finanziario attraverso le lezioni di professoresse come Selena Gomez e Margot Robbie.
Il cast tutto dimostra la sua personalità. È difficile fare una graduatoria di merito, dal momento che ogni attore dà prova di talento e capacità interpretativa, dando vita a personaggi forti e credibili.
La regia è anch’essa di buon livello, furba nel costruire una struttura narrativa dove lo spettatore non può non parteggiare per il gruppo di squali che tifava per il crack.
Il vero limite del film si dimostra essere nel suo stesso Dna. Dovendo raccontare un crollo atteso e previsto da anni, la pellicola tende a diventare troppo statistica e snervante, finendo per fiaccare anche il più volenteroso degli spettatori, nonostante comunque il ritmo rimanga sempre della giusta intensità.
Eppure, come dice in una bella scena il saggio e al contempo serafico agente di borsa Ben Rickert interpretato da Brad Pitt: “Non possiamo esultare, non possiamo permetterci di esultare. Perché la nostra gioia significherà per milioni di americani disperazione e dolore”.
Nel 2008 la Borsa americana registrò perdite notevoli, peggiori probabilmente di quelle che portarono al crollo del ’29. Le immagini dei desolati impiegati della storica banca Lehman Brothers, licenziati e costretti a lasciare l’edificio, fecero il giro del mondo. Una crisi finanziaria ed economica che distrusse le vite e i sogni di milioni di persone, senza la possibilità di individuare un colpevole.
Gli Stati Uniti forse hanno superato quel momento drammatico, la vecchia Europa e l’Italia in primis sono ancora in alto mare. Vedendo anche le notizie di queste ultime settimane, lo spettatore non può non pensare amaramente che la vera grande scommessa sia leggersi le parole di Vico e prendere provvedimenti, prima che sia troppo tardi.
Il biglietto da acquistare per “La grande scommessa”:
Neanche regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.