Un film di Gianni Zanasi. Con Valerio Mastandrea, Hadas Yaron, Giuseppe Battiston, Filippo De Carli, Camilla Martini. Commedia, 117′. Italia, 2015
Enrico Giusti è il re delle cessioni. Intermediario per un’azienda che acquista società in crisi, avvicina i suoi clienti, quasi sempre vanesi e inconcludenti, ne guadagna la fiducia e ne ‘risana’ la vita. Figlio di un padre imprenditore, che ha abbandonato la famiglia per il Canada in seguito a un fallimento finanziario, e fratello maggiore di Nicola, eterno studente che come il genitore si risolve nella fuga, Enrico ripara il trauma infantile assistendo e scampando aziende da gestioni disastrose. La morte tragica di una coppia di imprenditori trentini, che lasciano il figlio diciottenne e la figlia tredicenne al comando dell’impresa familiare, e l’arrivo imprevisto della fidanzata israeliana del fratello, sedotta e abbandonata, sconvolgeranno per sempre la sua vita.
Nel mondo dell’alta finanza e degli affari non c’è spazio per i buoni sentimenti, solo i più forti e determinati si impongono. C’è chi si arricchisce speculando in borsa, chi ha fatto del talento di saper dire e fare la cosa giusta al momento opportuno una professione.
In un universo perfetto, però, le aziende dovrebbero guadagnare ma anche avere a cuore il benessere dei propri dipendenti. Oggi invece, appena si sentono avvisaglie di crisi, i primi a pagare e a essere mandati a casa sono i lavoratori semplici, gli operai, le persone meno tutelate. Nel 2015 chi ha un lavoro, anche sottopagato, può dirsi fortunato.
Gianni Zanasi parte da queste premesse per il suo “La felicità è un sistema complesso”, una commedia con buon potenziale ma dallo sviluppo farraginoso e confuso, che lascia interdetti su quale fosse il fil rouge e il senso della storia pensata dagli autori.
La struttura narrativa, frastagliata e poco lineare, non convince. Il personaggio di Achrinoam (Yaron), ad esempio, è come un corpo estraneo nella storia, del tutto slegato degli altri. Anche la storia d’amore, appena accennata, tra lei ed Enrico sembra forzata e priva di logica – tra parentesi tra i due attori non sembra essere scattata nessuna alchimia e questo incide pesantemente in negativo.
La regia, di taglio televisiva, non riesce a costruire un impianto narrativo forte, coerente né a dare alla vicenda un ritmo avvincente.
Si salva dalla deriva Valerio Mastandrea, che getta il cuore oltre l’ostacolo con un’interpretazione viva, brillante e incisiva soprattutto nella prima parte, quella più riuscita e divertente. Mastandrea, nel pieno della maturità artistica, è capace di dare un qualcosa in più anche a un personaggio come quello di Enrico Giusti, penalizzato da una sceneggiatura modesta e criptica.
Dignitosa e apprezzabile nel suo complesso anche la performance di Giuseppe Battiston, nel ruolo del cinico e stralunato manager.
Raggiungere la felicità, non c’è bisogno che ce lo insegni un film, non è impresa semplice. Ma a volte capita di sentirsi in paradiso anche dormendo per terra, come ci insegna il romantico finale.
Il biglietto da acquistare per “La felicità è un sistema complesso” è:
Neanche regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.