Un film di Isabel Coixet. Con Emily Mortimer, Bill Nighy, Hunter Tremayne, Honor Kneafsey, Michael Fitzgerald. Drammatico, 113′. Spagna, Gran Bretagna, Germania 2017
Basato sul romanzo di Penelope Fizgerald “La libreria” (1978)
Fine Anni ’50. Hardborough, Inghilterra. Florence Green ha perso il marito nel secondo conflitto mondiale e ha deciso di aprire una libreria in quest’area culturalmente depressa. La sua impresa non sarà semplice perché nella cittadina c’è chi vuole utilizzare l’edificio per altre (presunte) iniziative culturali e farà di tutto per fermarla. Non sarà però del tutto sola perché troverà la collaborazione di una bambina e di un anziano appassionato lettore.
Nell’immaginario collettivo italiano alla parola Resistenza si associano i tragici momenti seguiti all’armistizio dell’8 settembre 1943, l’eroico sacrificio dei partigiani impegnati nella liberazione del Paese. Oggi, invece, va più di moda tirare in ballo la resilienza, la capacità di non soccombere ai colpi inferti all’animo più che al corpo.
Certo, quando si è giovani capita di sognare di vestire i panni del Che Guevara di turno, di fare la rivoluzione e la storia. In realtà le vere rivoluzioni sono quelle che si portano avanti ogni giorno, senza clamore, cercando ad esempio di resistere ai soprusi della burocrazia.
“La casa dei libri” di Isabel Coixet, vincitore di tre Premi Goya (i più importanti riconoscimenti cinematografici spagnoli), non è altro che la storia di una resistenza/resilienza letteraria, combattuta dalla vedova Florence Green (Mortimer) che decide di aprire una libreria nell’Inghilterra degli anni ’50.
Il suo lodevole tentativo di portare cultura nella cittadina di Hardborough viene osteggiato dall’élite cittadina, in particolar modo dalla signora Gamart (Clarkson), annoiata e miope di fronte ai cambiamenti.
La struttura narrativa, lo stile registico e soprattutto i tempi del racconto – lenti, in alcuni passaggi quasi esasperanti – sarebbero stati più adatti a uno spettacolo teatrale che a un film. Lo spettatore avverte fin da subito un’eccessiva staticità nello sviluppo della trama, che penalizza il coinvolgimento emotivo.
“La casa dei libri” è una storia agrodolce, che dimostra come un gruppo di persone miopi in posizione di potere possano, per quanto solo temporaneamente, impedire la diffusione di un’idea, frenare un progetto vincente, arginare una rivoluzione.
Ma come dimostra il toccante finale, la cultura è un virus da cui è facile lasciarsi contagiare. Così Christine (Kneafsey), ex commessa della libreria, raccogliendo l’eredità morale e culturale di Florence regala allo spettatore la più alta forma di vendetta ed emancipazione letteraria.
Il biglietto da acquistare per “La casa dei libri” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.