Non so se il mio pensiero sarà o meno popolare ma… sono la sola ad aver detestato cordialmente il personaggio della protagonista del romanzo “L’allieva“, Alice Allevi?
La storia e l’idea di Alessia Gazzola sono intriganti: dopo tanti gialli “polizieschi” e investigativi declinati in tutte le salse, un libro che affronta le cose dal punto di vista di un medico legale, in chiave tutta italiana, mancava. L’indagine per la morte della complicata Giulia Valenti, giovane di ottima famiglia trovata senza vita nel suo appartamento, a ben vedere, si snoda sullo sfondo, entra nella storia per vie traverse. È quasi un elemento collaterale.
In primo piano ci sono le vicende dell’Istituto di Medicina legale e dei medici e degli specializzandi che lo popolano – tra api regine, allievi brillanti, professori cattivissimi e quasi sadici. E poi, naturalmente, le avventure e disavventure di Alice Allevi, 26enne al primo anno di specializzazione, una coinquilina giapponese che studia lingue, una fiducia in se stessa pari a quella di un essere unicellulare.
Abbiamo visto protagoniste femminili di tutti i tipi, da quelle forti e capaci di cavarsela in qualsiasi situazione a quelle più svampite – da Lisbeth Salander a Bridget Jones, per intenderci. Non importa che tipologia di persona uno scrittore decida di rappresentare, quello che conta è che la strada intrapresa sia coerente. Che il personaggio a cui si dà vita abbia un senso, una coerenza interna, possa passare per una persona in carne e ossa.
Ecco, non aspettatevi questo da Alice Allevi. Arrivata alla fine del percorso universitario o all’inizio di quello lavorativo – guardatela come preferite – questa aspirante dottoressa ha pensieri e atteggiamenti più in linea con quelli di un’adolescente insicura che di una donna realizzata e vicina ai trenta. Come si comporta, sul lavoro e nella vita? Si può essere “vicini alle lacrime” un minuto sì e l’altro anche, in ambito professionale?
Con tutto che il romanzo è pensato per farci parteggiare per lei, non sorprende per niente il fatto che la specializzanda non sia considerata dai docenti, che venga vista come un medico legale mediocre e rischi di perdere l’anno. Probabilmente ha delle potenzialità, ma non fa assolutamente niente di concreto per dimostrarsi all’altezza. Alice è distratta, insicura fino all’inconcepibile, una bambina paurosa a cui sembra sia stato concesso per caso di lavorare all’Istituto.
Non parliamo poi del suo rapporto con Claudio Conforti, medico rampante dell’Istituto. Inizialmente ci viene fatto intendere che tra loro c’è solo qualcosa di professionale, che lei è un po’ in soggezione, ma niente di eccezionale. Ecco, dopo 20 pagine, invece, lei si comporta da innamorata delusa. Non ha alcun senso. O le cose ci sono state presentate male all’inizio oppure… Alice è fuori di testa!
Le reazioni che ha davanti alle parole di lui sono ridicole. È vero, Claudio è spesso pungente e non usa mezzi termini quando le si rivolge, ma qui si torna al punto di partenza: lei dovrebbe essere una professionista, quasi 30enne, capace di reggere il colpo ed eventualmente ribattere. Dopo che per la terza volta di fila lui la tratta male e lei trattiene a stento le lacrime… avrei voluto entrare nel libro per darle due sberle.
Voglio riportarvi un paio di passaggi, così, per farvi avere un’idea, perché il mio commento, da solo, non so se basta.
Io credevo in Claudio. Mi sentivo meno sola in questo lugubre e tetro Istituto. Mi guidava e mi correggeva. Buona parte del poco che so l’ho appreso da lui. Buona parte delle delusioni le ha consolate lui con qualche battuta cretina.
[Codici di geometria esistenziale]Sono una fallita. Un’inconcludente. Ho distrutto miseramente l’unica chance di salvezza che avevo.
[Paradossi]Una doppia sorpresa: oggi, i due uomini che più mi hanno ferita in tutta la mia vita, in un modo o in un altro, che sono stati capaci di farmi sentire meno di niente, mi hanno salvata dal baratro in cui stavo precipitando.
[Reinassance]
Se la Gazzola avesse voluto puntare sull’ironia, creando un personaggio del tutto sopra le righe e divertente, non ci sarebbe stato niente di male. Anzi, l’idea avrebbe anche potuto funzionare. Il problema è che il libro non viene impostato in modo netto in questa direzione. Spesso si ha l’impressione di trovarsi davanti a un romanzo realistico venuto male, dove il personaggio principale è del tutto fuori dal mood della storia.
Magari l’autrice ha preso una decisione nel proseguo della serie – perché “L’allieva” non è che il caso di esordio, per Alice Allevi? Magari nel secondo romanzo le cose hanno virato nettamente o verso il realistico o verso l’ironico? Prima o dopo prometto di scoprirlo. Anche perché il finale – caso a parte – è apertissimo. Alice deve prendere una decisione sul piano professionale, la sua storia con Arthur è un punto interrogativo, il rapporto con Claudio ancora di più. Un sequel, insomma, ci voleva – fosse solo per mettere qualche punto fermo.
SCONSIGLIATO. PUNTO DI DOMANDA. Nì. CONSIGLIATO. IMPERDIBILE