Daniele Federico ha 32 anni e vive a Londra da sette per lavoro. Non solo autore, si occupa infatti di effetti speciali, e ha lavorato tra gli altri a successi del calibro di “Gravity”, “Guardiani della galassia”, “Harry Potter” e “Le cronache di Narnia”.
Space runners, auto-pubblicato da alcune settimane, è il suo esordio letterario. Una storia che supera le distinzioni di genere, grazie a un messaggio estremamente universale.
Ma parliamo con lo scrittore, per saperne di più della sua doppia vita professionale, del suo libro e ovviamente dei suoi progetti per il futuro.
Come nasce in te la passione per la scrittura?
Sin da ragazzo volevo raccontare storie, belle storie. All’inizio pensavo di poterlo fare tramite immagini, ma quando mi sono reso conto che non sarei mai riuscito a fare film miei mi sono dedicato alla scrittura, non senza qualche fatica.
La tua biografia mi ha colpita. Leggiamo che da sette anni vivi a Londra e lavori nel campo degli effetti speciali, con partecipazioni anche in maxi produzioni di grande successo. Vuoi raccontarci qualcosa?
Quando avevo 21 anni studiavo ingegneria informatica, ma non sapevo cosa volevo fare della mia vita. Un giorno, quasi per gioco, prendendo in mano un software 3D ho scoperto una nuova passione. Dopo tre anni mi sono ritrovato a Londra, perché volevo a tutti i costi partecipare alla produzione de “Le Cronache di Narnia: il principe Caspian”. A distanza di sette anni ho lavorato su numerose produzioni, tra cui Gravity, Guardians of the Galaxy, Harry Potter e Happy Feet 2, ma potrei citarne molte altre. Il mondo del cinema è molto affascinante e misterioso, ma farne parte richiede tanti sacrifici, come vivere lontano dal proprio paese o doversi spostare spesso. Questi anni mi hanno regalato, però, anche tanti momenti memorabili. Mi ricordo bene, ad esempio, il giorno in cui ho visto Charlize Theron dal vivo rimanendo imbambolato come un baccalà – credo che lei mi abbia scambiato per una persona con dei problemi o qualcosa del genere. Ma devo dire che sicuramente rifarei tutto quello che ho fatto fino a oggi.
Come riesci a far convivere queste tue due anime, scrittore e professionista negli effetti speciali? E ti è capitato di prendere ispirazione dal tuo primo lavoro per scrivere?
In verità, è un grande cruccio da quando ho cominciato. Ho sempre pensato che, se non potevo raccontare storie mie, mi sarebbe semplicemente bastato partecipare a dei bei film – e con questa definizione intendo pellicole che trasmettano qualcosa. Purtroppo a Hollywood oramai si pensa più all’intrattenimento fine a se stesso che ai contenuti. Nonostante sia molto contento del mio lavoro, ho sempre vissuto una sorta di disagio per questo motivo. Ma comunque sono sicuro che il mio lavoro abbia stimolato molto la mia immaginazione e la voglia di comunicare.
Parliamo adesso del tuo libro, “Space Runners”, uscito da poco su Amazon e che sta riscuotendo un buon successo di pubblico. Com’è nata l’idea? E come lo racconteresti a chi ancora deve scoprirlo?
L’idea mi è venuta in mente molto tempo fa ed è rimasta lì tra i miei appunti fino a quando, a seguito di uno spiacevole evento due anni fa, ha trovato nella mia mente una forma più definita. Mio fratello mi ha poi aiutato a svilupparla. La storia racconta del misterioso ritrovamento di una navetta monoposto da parte della nave da ricognizione Mercury nei pressi della galassia di Larterus; al suo interno, il corpo di un uomo criogenizzato. Il comandante Haven avvia subito le indagini per scoprire la sua identità e il motivo per cui si trova da solo in un luogo così sperduto. Le indagini sveleranno gli avvenimenti e lo scopo della missione Space Runners. A tutti quelli che non l’hanno ancora letto dico: non è solo un libro di fantascienza.
Per il tuo esordio hai deciso di auto-pubblicarti. Il self è stata la tua prima scelta oppure hai provato anche a percorrere la strada tradizionale, quella della pubblicazione con un editore?
Ho provato a pubblicare un’altra storia in passato, rivolgendomi alle case editrici, ma mi è andata male. Rendendomi conto di quanto Space Runners fosse particolare, per la trama e lo stile, ho deciso di pubblicarlo direttamente su Amazon. Quando ho visto che comunque la risposta dei lettori era buona, l’ho mandato a un paio di case editrici, ma tutte mi hanno risposto che era fuori catalogo.
Quali pensi che siano i vantaggi e gli svantaggi dell’auto-pubblicazione?
L’auto-pubblicazione è facile e veloce, sicuramente consigliata se si vuole evitare di dovere aspettare mesi per un’eventuale risposta delle case editrici. I problemi principali che riscontro sono due: prima di tutto il doversi sobbarcare le spese di copy-editing (ritengo fondamentale far leggere le proprie storie a qualcuno che se ne intenda prima di pubblicarle); e poi dover pubblicizzare il libro da soli. Senza un buon marketing, purtroppo, non si va da nessuna parte. Ho trovato questa parte dura e impegnativa, quasi come lo scrivere il libro.
Parliamo per un attimo della situazione editoriale italiana. Da scrittore esordiente, come valuti il mondo dei libri nostrano? C’è apertura verso i giovani e le nuove idee oppure trovare spazio è un’impresa? E quanto ha cambiato il panorama l’auto-pubblicazione e il mercato digitale?
Come dicevo prima, ho provato solo una volta a farmi pubblicare, per cui non ho troppa esperienza al riguardo. Ad ogni modo, mi sembra che in Italia il mercato non sia dinamico come nel Regno Unito e negli Stati Uniti, manca in un certo senso la voglia di rischiare e di andare “fuori catalogo”. Oltre tutto siamo anche indietro con la tecnologia e troppo attaccati alla carta. Io me ne sto rendendo conto con questo libro. Oggi è ancora fondamentale creare anche una copia cartacea del proprio libro self-published con servizi come createspace. Io non l’ho ancora fatto, ma lo farò presto.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Continuare a scrivere altri libri e magari fare una serie.
E il tuo sogno nel cassetto?
Mi piacerebbe tanto essere pubblicato un giorno da una grande casa editrice, ma il mio desiderio più grande è di diventare abbastanza bravo nello scrivere da riuscire a toccare i miei lettori e lasciarli con una domanda più profonda su loro stessi.