Intervista all’autore Stefano Colucci

Stefano Colucci è nato ad Avellino e oggi vive a Roma.

Il 25 dicembre 2014 ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie, “Lussuosi incubi per balordi”, che nel giro di tre mesi ha superato i mille click, arrivando oggi a quasi duemila lettori.

Colucci è poi tornato immediatamente al lavoro, passando tutto il 2015 a sperimentare e a ricercare uno stile più maturo. Il risultato è “Precedenza al cuore”, uscito il 10 febbraio, un romanzo breve in versi pop che racconta una storia d’amore mediante poesie dal linguaggio contemporaneo e stralci di sms e dialoghi.

“L’autore affronta le paure e le trasforma in occasioni. E le traduce in parole che ti entrano in testa e dopo un attimo pensi che siano tue, da sempre, perché si adagiano nei pensieri, tra la malinconia e la speranza, come se quel posto fosse sempre stato loro” scrive l’attore Valerio Di Benedetto (Dylan Dog, Spaghetti Story, The Pills), autore della prefazione.

Abbiamo parlato dei progetti passati e futuri, delle nuove frontiere offerte dai social e dal web e di molto altro con l’autore Stefano Colucci in questa intervista per Parole a Colori.

Stefano Colucci

 

Ciao Stefano. Rompiamo il ghiaccio parlando un po’ di te. Come descriveresti lo Stefano Colucci autore, usando solo poche parole?

Ciao, e grazie mille per questa opportunità. Sono un autore molto attento alla componente umana delle parole, alla carne. Scrivo guardando dentro le mie ferite e ogni parola è una cicatrice sul cuore che non va più via.

Come nasce in te la passione per la scrittura?

Tramite la musica. Onesto: volevo fare il rapper, con una sfumatura di cantautorato vecchio stile. Ho anche inciso un paio di pezzi piano e voce, ma dopo un po’ ho capito che non era quella la mia strada. C’erano le parole, però, quelle sembravano davvero fatte per me. Erano le mie migliori amiche. A quel punto mi sono detto: “Va bene, ci provo”.

Hai sempre saputo di voler scrivere romanzi “da grande”? Stefano a 6 anni sarebbe voluto diventare… ?

Ho sempre saputo di voler fare l’artista, questo è certo. L’attore, il musicista, lo scrittore… non m’importava. Volevo che la mia vita fosse un’opera d’arte, e lo voglio ancora adesso.

Hai esordito nel 2014 con “Lussuosi incubi per balordi”, che ha riscosso un grande successo online. Essere incluso nel novero degli autori che deve tutto al web ti disturba?

No, affatto, è parte del mio percorso, va bene così. Il web è solamente un punto di partenza, per me, non un arrivo. Sono sicuro che, con il tempo, le mie parole non saranno più esclusivamente online. Penso sia in atto una bella rivoluzione, per quanto riguarda il rapporto fra editoria tradizionale e internet. Prendiamo ad esempio alla Mondadori, che ha deciso di scommettere su due autori provenienti dal web: Antonio Dikele DiStefano e Susanna Casciani. È un enorme passo avanti per l’Italia, è avanguardia pura. È il futuro. Anzi, ormai è il presente.

Lussuosi incubi per balordi, Stefano Colucci

Raccontaci qualcosa di questa raccolta di poesie dai tratti allucinogeni – tra parentesi, un genere molto particolare con cui cimentarsi per un ragazzo così giovane, non credi?

Sono d’accordo, ma la poesia è anche ciò che più si avvicina alla verità in letteratura, e io ho una forte esigenza di scrivere cose vere. “Lussuosi incubi per balordi” è un libro nato per puro caso. Pubblicavo poesie e racconti online già da un paio d’anni, e avevo una gran voglia di uscire con una raccolta. Ho messo insieme testi scritti fra i sedici e i diciannove anni, tutti collegati dal concept dell’incubo, e ho pubblicato il libro su internet, gratuitamente. Si trattava di un progetto estremamente punk, eccessivo e a tratti incomprensibile, che però non ha lasciato indifferenti i lettori. C’è chi lo ha definito un piccolo cult, e chi lo ha criticato duramente. Ancora sorrido se penso al periodo in cui è uscto. Sembrava sconvolgere tutti, ma non era nulla di nuovo se pensiamo alla poesia maledetta e agli scrittori beat che hanno ispirato l’opera. Paradossalmente, considero molto più innovativo (se proprio vogliamo usare questo termine) il mio nuovo lavoro.

Dopo un anno di ricerca e sperimentazione è uscita il 10 febbraio la tua seconda opera, “Precedenza al cuore”, un romanzo breve in versi pop, riprendendo le parole da te usate. Vuoi spiegarci questa definizione?

“Precedenza al cuore” è un piccolo esperimento al quale ho lavorato durante tutto il 2015. Ero reduce da un primo lavoro piuttosto controverso, bisognava mettere a fuoco il mio stile e prendere una strada precisa. Ho provato a fare un passo in più, insomma. Si tratta di una raccolta di poesie, ma nel libro viene soprattutto raccontata una storia. Una storia d’amore, certo, ma non esclusivamente fra due persone. L’amore di cui parlo è molto più universale; è amore verso se stessi, amore verso la vita. La trama alla base dell’opera è solamente un pretesto. Racconto una storia a distanza, mediante l’uso di sms e poesie che sottolineano un’impossibilità di vivere quell’amore, fisicamente e non solo. L’aggettivo “pop” è frutto di un mio feticismo per l’arte popolare, alla portata di tutti. Il processo creativo è nato da un documentario su Andy Warhol. Dopo averlo visto, volevo scrivere un libro di poesie capace di lanciare un messaggio importante, e per farlo avevo bisogno di un linguaggio diretto, attuale, quasi da social network, senza perdere però la bellezza dell’arte poetica.

Attraverso il libro cerchi di trasmettere un messaggio importante: amatevi e fatelo senza inibizioni. Tema quanto mai attuale, in Italia, con la legge sulle unioni civili al vaglio di Senato e Camera. Come ha reagito il pubblico, davanti alla tua proposta? Hai ricevuto qualche commento che ti ha colpito in modo particolare?

L’Italia è uno dei Paesi romantici per eccellenza. Pensiamo alla musica italiana conosciuta all’estero: per la maggior parte si tratta di pezzi d’amore. Eppure, in questo momento, i sentimenti sono chiusi in un recinto. E invece no, bisognerebbe lasciarli correre; i sentimenti devono essere liberi per farci stare bene, altrimenti soffocano e noi con loro. Il pubblico ha reagito molto bene. Il giorno in cui è uscito il libro, già dalle prime ore del mattino avevo la chat di Facebook piena di messaggi lunghissimi dove le persone mi ringraziavano per ciò che avevo scritto. Penso sia la cosa più bella che possa capitare a uno scrittore: lasciare qualcosa al lettore, aprirgli gli occhi, è il massimo.

E pensi che nel nostro paese superare le barriere culturali, sociologiche e mentali e vivere una vita più libera, anche dal punto di vista sentimentale, sia davvero possibile?

Probabilmente passerò per ottimista, eccessivamente romantico e folle, ma sì, credo sia possibile. Non subito, ovviamente. Però possiamo aprire la strada alle generazioni future, cominciare un lavoro che poi porteranno a termine i giovani di domani. Le rivoluzioni, i processi evolutivi, sono un divenire; il cambiamento non è mai istantaneo, ed è giusto così. Bisogna procedere per gradi e fare la propria parte, adesso, perché il nostro momento è ora.

Precedenza al cuore, Stefano Colucci

Due libri all’attivo, completamente diversi uno dall’altro. Dove prendi l’ispirazione? Ti lasci guidare soltanto dall’immaginazione oppure non hai paura di attingere anche dalla tua esperienza quotidiana e dalla vita reale per scrivere?

Fino ad ora, i miei lavori sono stati completamente autobiografici. Tutto ciò che vivo finisce in quello che scrivo. Sono affascinato dalle storie e dalle emozioni vere, quelle che ho sentito mordermi lo stomaco per davvero, e cerco di condividerle con gli altri.

Entrambi i tuoi lavori sono auto-pubblicati in formato digitale e disponibili sugli store online. Hai sempre saputo di voler seguire questa strada? Mai preso in considerazione un editore tradizionale?

Il mio obiettivo è quello di pubblicare con una casa editrice importante, ma sono consapevole della lunga scalata che bisogna fare per arrivare in cima alla montagna senza sfracellarsi. Non mi va di bruciare il mio primo romanzo, pubblicandolo con un editore sconosciuto per la fretta di firmare un contratto a tutti i costi, come fanno molti autori esordienti. Preferisco prendermi i miei tempi, fare le cose con calma, migliorare e farmi un nome prima di tentare il grande passo.

Sei la persona più adatta a cui fare questa domanda: quali sono le possibilità concrete che il self publishing offre a un autore esordiente e semi-sconosciuto rispetto all’editoria classica? La maggiore libertà non si scontra con le responsabilità di farsi conoscere?

Dipende dall’autore. Bisogna saper gestire il proprio spazio sul web, individuare il pubblico giusto, parlargli in modo diretto. Internet offre questo vantaggio, e occorre sfruttarlo. Sicuramente, per ottenere il massimo dal self publishing, uno scrittore deve diventare imprenditore di se stesso e fare da solo il lavoro di un intero team. Si rischia quasi di impazzire, ma le soddisfazioni arrivano.

Quanto sono importanti, nel vendere il prodotto-libro, i social network? Costruirsi un seguito online, un pubblico di riferimento, aiuta?

Assolutamente sì. Io personalmente punto molto sui social. Prendiamo ad esempio il mio ultimo libro: ho cominciato a promuoverlo praticamente un anno prima che uscisse, pubblicando alcune poesie in anteprima e coinvolgendo i lettori nel processo creativo. Le persone hanno visto nascere “Precedenza al cuore” e, il giorno dell’uscita vera e propria, non vedevano l’ora di leggerlo. Il passaparola mi ha permesso di arrivare subito al primo posto in classifica.

Ma insomma, quanto è difficile essere un autore indipendente, nel 2016, in Italia? Da parte del pubblico c’è apertura verso i nuovi nomi e le nuove proposte, oppure i lettori sono ancora molto scettici quando dici “il mio libro è auto-pubblicato”?

È sicuramente difficile, perché il pubblico non ha voglia di spendere tempo e denaro per qualcuno che non conosce. Vuole certezze, ha voglia di ciò che conosce già. L’assenza del nome di un grande editore in copertina spaventa, perché è come se mancasse il bollino che garantisce la qualità del prodotto. È un modo di pensare che deve cambiare, e solo i giovani possono farlo succedere. Per mia fortuna ho vent’anni e i miei lettori appartengono quasi tutti alla mia stessa generazione. Il libro ha superato i 500 download in cinque giorni, e questo è un segnale importante. La mia generazione è una poesia scritta su Whatsapp che la società ha visualizzato senza rispondere. In giro ci sono pochi autori capaci di dare voce ai giovani, ed è per questo che i ragazzi ripiegano sul web, senza porsi troppi problemi, in cerca di qualcuno che li faccia sentire meno soli. È tutto nelle mani di internet e degli adolescenti.

C’è un consiglio che ti sentiresti di dare, ai giovani che sognano di pubblicare un libro? Cosa non può mancare, per arrivare a qualche risultato concreto?

Non abbiate fretta. Non firmate subito un contratto con la prima casa editrice che passa. Scrivete, trovate un mentore, cercate di migliorare con l’aiuto del pubblico, in modo da arrivare da un ipotetico editore con una personalità artistica ben definita e le idee chiare su cosa volete.

I dati sulla lettura e in generale sulla cultura nel nostro paese sono sempre più sconfortanti. Vivere di sola scrittura, oggi, è un’utopia, secondo te? Ci hai mai pensato? E ci sono possibilità concrete di farlo, in questo momento storico, o è meglio avere una carriera alternativa e dedicarsi alle lettere nel tempo libero?

Non penso sia un’utopia. Il problema principale è che gli scrittori sono davvero tanti, e non tutti possono vivere di questo. È il motivo per il quale la poesia non vende più. Il mercato è saturo di poeti che non dicono nulla di nuovo, che ripropongono gli stessi schemi del novecento, ed è difficile trovare una voce originale. Il pubblico non ha la pazienza di scavare in mezzo all’anonimato della produzione contemporanea per trovare artisti validi. Lo stesso discorso vale anche per gli scrittori di prosa. Facebook, Tumblr e i vari blog online sono pieni di aspiranti scrittori. È difficile scovare l’autore che si distingue dalla massa, dalla prima riga di un testo. Gli autori sotto contratto con le major hanno, quasi tutti, una loro identità, e questo permette al lettore di affezionarsi, in modo da scegliere quello scrittore in particolare piuttosto che un altro.

Insomma, tu come riesci a pagare le bollette?

Ancora non sono nella posizione di poter pagare le bollette grazie alla scrittura, ma tramite il web ho conosciuto diverse persone con le quali sono nate delle interessanti collaborazioni lavorative. Internet è una vetrina, un biglietto da visita. Se piaci, hai buone possibilità di lavorare nel “mondo reale”.

Due libri all’attivo, idee originali, un bel successo di pubblico. Stai già lavorando a qualcosa di nuovo? C’è una storia o un progetto pronto a saltare fuori dal cassetto?

In questi giorni sto scrivendo uno spettacolo teatrale per la regia di Luca Basile. Nel cast c’è anche Valerio Di Benedetto, autore della prefazione del mio libro. Sono entusiasta di questo progetto, e spero di portarlo presto in scena.

E un sogno che speri di realizzare?

Il mio più grande sogno è quello di riuscire a vivere di scrittura. La determinazione non mi manca, penso davvero di potercela fare. Devo solo continuare a lavorare giorno e notte per migliorarmi.

 

Grazie a Stefano Colucci per essere stato con noi.