Dopo il successo di pubblico e critica della prima stagione, Nemico Pubblico è tornato sulla rete che lo ha lanciato, Rai 3, con la sua alternanza di monologhi di satira, contributi filmati e provocazioni sociali realizzate con la tecnica della telecamera nascosta.
Otto puntate da 45 minuti, in onda la domenica alle 23.40, per trattare temi tra i più controversi del momento: dalla violenza sulle donne al razzismo, dalla terza età alla legalizzazione della prostituzione, dall’obesità come costo sociale alle tasse passando per l’indifferenza e la discriminazione verso le categorie socialmente deboli.
Il protagonista è ancora una volta Giorgio Montanini, che dopo i monologhi di Ballarò e il tour italiano con i suoi spettacoli, torna a distanza di un anno in televisione con il programma che lo ha lanciato. Tra monologhi pungenti, candid camera sociali e interviste a giovani ospiti talentuosi, ma non famosi, di belle speranze, il comico e attore, rappresentante della stand up comedy in Italia, torna a pungere i telespettatori.
“Nemico Pubblico” è alla 2° edizione e continua a suscitare polemiche e a dividere pubblico e addetti ai lavori. Non si può negare che Rai 3 e il direttore Vianello abbiano dato prova di coraggio e intelligenza nel proporre un programma come questo, di satira pura, su una rete generalista. Ma secondo te quanto tempo ancora dovremmo aspettare per vedere cadere del tutto l’ipocrisia italica e avere programmi come “Nemico Pubblico” in prima serata?
Avrei preferito qualche polemica in più, sinceramente; sono abituato a suscitare reazioni molto più vivaci e contrastanti. È anche vero che la tv generalista ha un’altra importazione ed entrare in punta di piedi è forse più corretto e saggio. Il direttore Vianello – che ringrazio prima di tutto per la possibilità che mi da dato – va ringraziato anche per le briglie che ha saputo tirare di tanto in tanto. Se avessi avuto la possibilità di andare a briglia sciolta come volevo, forse il programma l’avrebbero già chiuso. Forse in prima serata mai – nella tv di Stato, dico. Un editore privato potrebbe forse puntare su una comicità come questa in prima serata senza tante limitazioni, in uno di questi canali off magari. Ovviamente il tutto andrebbe comunque edulcorato, per via della legge sui minori, della fascia protetta.
Nella prima puntata hai a tuo modo reso omaggio ai fatti tragici avvenuti nella redazione di Charlie Hebdo a Parigi, denunciando che in Italia non manca tanto la libertà, quanto la possibilità di esercitarla. Quali sono, per Giorgio Montanini, le libertà irrinunciabili?
Ho cercato di dare alla satira la dignità e il rispetto che tutti dovrebbero portarle. Santificare la satira è ucciderla. Farla nei locali di bassa fascia, tutti i giorni, con le persone che ne vanno disgustate, è uno dei modi di omaggiarla. La sintesi era questa. La libertà nel mio lavoro. Non potrei più tornare indietro, non potrei più fare una comicità che non sia la mia. Posso scendere a compromessi ma non posso snaturare il mio stile. Un film di Natale per soldi, ecco, quello non lo farei mai.
Per il tipo di satira tou court che porti avanti, non saremo certo i primi ad avvicinarti a Daniele Luttazzi. Paragone ingombrante? Oppure un po’ ti ci rivedi? E a questo proposito ti chiediamo, avresti intervistato Travaglio come fece Luttazzi nel 2001 in Satyricon?
Di Luttazzi potrei parlare per giorni. Primo perché sono stato un suo grande fan; secondo perché ho conosciuto da vicino il dolore del tradimento; terzo perché grazie a lui ho conosciuto anche tutti i punti di riferimento che ho nella vita. Con Luttazzi non ho nulla in comune, tranne il fatto di parlare davanti a un pubblico. I testi dei miei monologhi sono scritti da me. Io faccio monologhi, non battute una dietro l’altra. I testi dei miei monologhi sono scritti da me (non è un refuso). Trovo che sia stata una grande impresa, la sua; credo che abbia fatto bene; credo che quell’intervista non abbia cambiato nulla in questo Paese. Io sì, l’avrei fatto. Inconsapevole del fatto che Travaglio sarebbe diventato quello che è oggi.
In ogni spettacolo/intervista difendi a spada tratta il diritto alla satira e soprattutto alla sua essenza dissacrante che ha origini nell’antica Roma. Se dovessi trovare, tra gli autori latini iniziatori del genere, quello che più somiglia al tuo stile chi sceglieresti? Insomma, chi potrebbe essere “ll Nemico Pubblico” dell’Impero Romano?
Se fossi disonesto andrei su Google e farei una ricerca esasperata, per poi discernere e sproloquiare sul tema. Ho letto molte cose di Aristofane, che latino però non è. Tra quelli che conosco, a grandi linee, della satira latina, Lucillo è forse quello che ha dato un’impronta più da stand up – immagino che dopo questa definizione potrei essere tacciato di eresia. In generale, senza scoperchiare la mia infinita ignoranza, sono dell’opinione che la satira abbia assunto dei connotati molto diversi rispetto all’origine. L’esigenza di scagliarsi contro il potere, allora, era dettata dal fatto che il potere era un monolite inavvicinabile, la gente subiva le scelte altrui in modo totalmente passivo o quasi. La satira, quindi, era una vera forma di ribellione nei confronti dei potenti, intoccabili per loro stessa natura. Oggi il potere ha connotati differenti, non è più inavvicinabile. I politici sono oggetto di scherno da parte di tutti e sono invisi ai più; di certo non sono rispettati e non godono più dell’autorevolezza di prima. E poi, piccolissimo dettaglio, in Italia si vota. Da 70 anni. Quindi il potere, quello vero, è nelle mani dei cittadini… del fantomatico uomo medio. L’obiettivo della mia satira sono le persone, quelle che incontro la mattina andando a fare la spesa, tu, io. La satira contro i politici si è trasformata in una finta dimostrazione di libertà, perché in realtà è ruffiana e complice. Reazionaria.
Il diritto alla satira è sancito anche nei protocolli deontologici dei giornalisti. Secondo te c’è un limite che non deve essere superato, oppure tutto può essere messo in discussione? E c’è qualcosa davanti a cui il cattivissimo Montanini si frena?
No, non ci devono essere limiti. I limiti sono personali, fanno parte della nostra sensibilità. Quello che per te è troppo, non lo è per me. Mettere dei limiti alla satira equivale a depotenziarla, equivale a ucciderla. Un comico può salire sul palco e dire quello che vuole, se è un comico razzista la gente che lo andrà a vedere sarà razzista. Certo è che, se infrange il codice penale dicendo cose false come “Montanini ha rapinato una banca, l’ho visto io”, allora andiamo su un altro piano. Ma se un comico esercita il proprio diritto di dire quello che pensa, sarà la gente a premiarlo oppure no. Sono sempre le persone le principali responsabili, è giusto che lo sappiano. Io non ho nessun limite, tranne quello della coerenza con le mie idee. Non direi mai quello che non penso per compiacere il pubblico o farlo ridere di più.
Le tue candid camera sono in parte un omaggio a Nanni Loy, ma mettono anche in luce la cattiveria dell’italiano medio. Secondo te la nostra società cosi becera e cattiva perché ha tanta paura di guardarsi allo specchio?
La cattiveria riguarda sempre di più la folla. La folla è omicida; le persone si fomentano l’una con l’altra e da lì nasce l’aggressività e il linciaggio. Singolarmente, le persone non sono male; insieme tirano fuori gli istinti bestiali, si deresponsabilizzano. Dare un calcio a una persona non fa male, ma se sono cento persone a farlo quella muore. Ognuno però dirà: “Io le ho dato solo un calcio”. I gruppi di persone mi spaventano, anche nelle candid.
Non solo stand up comedy, ma è anche attore – ricordiamo la tua apparizione nel film di Marco Pontecorvo “Tempo instabile, con probabili schiarite”. Ma, da spettatore, qual è il tuo rapporto con la tv? Solo programmi impegnati oppure c’è qualcosa di te che il pubblico ignora?
Figurati, io in tv guardo solo roba di calcio. Il calcio mi regala la pace interiore. Sentir parlare di sport con quella serietà e competenza mi rilassa. Il mio programma preferito è “Il grigio e il rosso” condotto da Eleonora Busi, una conduttrice che adoro. Quando mi metto al pc, invece, divento un tossico di serie tv e al cinema vado anche tre volte a settimana. Forse amo più il cinema che la comicità in quanto tale.
In ogni puntata di “Nemico pubblico” ti fai nuovi amici, attaccando anche colleghi senza farti problemi. Ma c’è qualcuno di loro che stimi?
Artisticamente solo Corrado Guzzanti, satiricamente parlando. Poi ci sono molti bravi comici e attori, ma fanno un altro mestiere rispetto al mio. Crozza, ad esempio, è uno showman, cantante, imitatore, ma non fa satira. Lo stimo come intrattenitore, non lo considero nemmeno se si parla di satira. Poi c’è tutto un altro mondo, quello della comicità banale, vuota e di infimo livello. Penso che si possa fare comicità di ottimo livello, originale e divertente senza per forza fare satira. La comicità mainstream può essere di buonissimo livello, non deve per forza scadere nei luoghi comuni, nelle battute da osteria o nei travestimenti da villaggio vacanze.
Giorgio Montanini quanto potrebbe resistere in un’isola deserta – se mai decidesse di metterci piede?
Ma che domanda è? Non sono mica la Isoardi! Comunque rispondo lo stesso, perché c’è’ una Isoardi anche in me. Fino a che non finiscono alcol e droghe.
E chiudiamo guardando avanti. Da grande, cosa ti piacerebbe fare, a parte continuare a rompere le scatole?
Vorrei fare più live possibili, davanti a più gente possibile. Ma vorrei continuare a fare tv, vorrei fare un film, una serie… voglio fare tante cose. Voglio essere il nuovo Bombolo.