Un film di Barbet Schroeder. Documentario, 100′. Francia, Svizzera 2017
Il “Venerabile Wirathu” è un influente monaco buddista che, attraverso la pubblicazione dei suoi scritti e la diffusione dei suoi discorsi, per quanto “sacro” rappresentante della più pacifica delle fedi, ha fomentato l’odio dei suoi seguaci nei confronti dei musulmani, spingendoli alla lotta armata e convincendoli che la loro religione fosse minacciata di estinzione. Tutto questo in una paese, la Birmania, nel quale il 90% della popolazione è buddista e professa la necessità di amare tutti gli esseri e la certezza che dalla violenza non possa nascere che altra violenza.
Nel 2013 sulla copertina del “Time” troneggiava la foto di Ashin Wirathu, W., accompagnata dal titolo “il volto del terrore buddista”. Il controverso personaggio è adesso anche al centro di un documentario, “Il venerabile W.” di Barbet Schroeder.
Terzo lungometraggio della “trilogia del male” – che compnrende anche “Général Idi Amin Dada: Autoportrait” (1974) e “L’avvocato del terrore” (2007) – il film offre una panoramica delle tensioni religiose tra musulmani e buddisti attraverso il ritratto del monaco buddista Wirathu, leader del movimento anti-musulmano in Myanmar.
Lodevoli le intenzioni – mostrare una problematica quanto mai seria che l’occidente tende a sottovalutare, fare chiarezza sull’argomento -, molto meno la realizzazione.
Il regista utilizza infatti video-reportage piuttosto che materiale frutto di una ricerca personale. Il desiderio di condannare una piaga del nostro tempo finisce per perdersi dietro una ricostruzione storica priva di carattere. E manca una vera e propria analisi dei fatti accaduti.
“Il venerabile W.” finisce per essere un’occasione mancata. Un buon documentario che sarebbe potuto essere molto, molto di più.