Un film di Rodrigo Sorogoyen. Con Antonio de la Torre, Mónica López, Josep Maria Pou, Nacho Fresneda, Ana Wagener. Drammatico, 122′. Spagna 2018
Manuel López-Vidal è un vicesegretario regionale prossimo al salto verso la politica nazionale. Con i compagni di partito gestisce un consolidato sistema di potere che mescola corruzione, favoritismi e benefit di lusso. Quando il giro di corruzione viene a galla e cominciano gli interrogatori, Manuel è lasciato solo sia dai capi di Madrid sia dagli ex amici. Espulso dal “regno”, braccato dalla stampa e indicato come principale responsabile dello scandalo, non esita a tentare ogni strada pur di salvare la reputazione e la sua stessa vita.
Mal comune mezzo gaudio, recita un vecchio detto. Ma vale anche quando si parla di politica? Sì perché dopo aver visto “Il regno” di Rodrigo Sorogoyen, mattatore ai premi Goya 2019, lo spettatore italiano potrebbe essere quasi tentato di giustificare l’incompetenza della nostra classe politica, paragonandola a quella spagnola.
Ispirato a fatti realmente accaduti ma talmente incredibili che difficilmente una sceneggiatura di fantasia avrebbe potuto far di meglio, il film è un giallo politico che si snoda tra corruzione, dissolutezza e potere, e offre un perfetto ritratto della decadenza della classe politica occidentale.
“Il regno” si divide in due parti: la prima, forse un po’ troppo lunga e verbosa, è resa digeribile da un montaggio serrato e da una colonna sonora incalzante. Ma è nella seconda, che il film cambia marcia, virando decisamente verso il crime e l’action e trasformandosi nel racconto di una fuga per la sopravvivenza da parte dell’ex politico intoccabile.
La pellicola di Sorogoyen nel complesso è godibile, per certi versi avvolgente, impreziosita dalla presenza di Antonio de la Torre, già apprezzato in “La vendetta di uomo tranquillo”, bravissimo nel dar vita a Manuel, tanto sprezzante e odioso all’inizio della storia quanto grottesco e ridicolo nella sua caduta.
Il climax narrativo e la massima tensione emotiva del “Regno” arrivano proprio nel finale, dove il protagonista, convinto di averla fatta franca e di non dover temere più niente e nessuno, andrà incontro, in diretta televisiva, all’incubo numero uno per un politico, essere messo a tacere.
Il biglietto da acquistare per “Il regno” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.