I libri sono la mia grande passione, immagino che ormai lo saprete, e quello che amo è soprattutto la loro capacità di sorprendermi. Quando ti avvicini a una storia, se come me lo fai senza grande preparazione prima, magari avendo letto a malapena la sinossi, non puoi mai sapere cosa ti troverai tre le mani…
“Il caso Agatha Christie“, uscito per Neri Pozza il 5 luglio, è un ottimo esempio di romanzo sorprendente. Prendendo spunto dalla misteriosa sparizione della scrittrice per undici giorni, nel dicembre 1926, Nina de Gramont costruisce una storia multiforme, che mescola giallo, ricostruzione storica attenta e dramma.
Un giorno di dicembre del 1926, dopo aver comunicato alla moglie Agatha la sua intenzione di divorziare per sposare la sua amante, il colonnello Archibald Christie parte per un weekend presso amici. Quella sera stessa dalla dimora di campagna, la scrittrice svanisce nel nulla. La sua Morris Cowley viene ritrovata sul bordo di un dirupo. Sul sedile posteriore, la pelliccia, una valigia piena di abiti e la patente. L’ipotesi più plausibile è un gesto disperato – la signora aveva un forte esaurimento nervoso, si sussurra.
Migliaia di uomini, tra poliziotti e volontari, cani, persino aeroplani: tutta l’Inghilterra si mobilita per cercarla, come se l’angoscia che l’ha spinta a fuggire avesse fatto di lei la persona più importante della terra. Persino Nan O’Dea, l’Amante, è in ansia. Nonostante abbia tramato per insinuarsi nella lussuosa residenza dei Christie, per attirare l’attenzione dell’arrogante colonnello e farlo innamorare. Ora però che lui è caduto nella rete, Nan ha un altro disegno in mente. Perché ciò che le è accaduto tanti anni prima, in Irlanda, non possono trovare riparazione, se non in qualcosa di molto più efferato e definitivo.
“Il caso Agatha Christie” mescola ricostruzione storica attenta, dramma e giallo. È come avere davanti una scatola cinese, dove ogni livello ne contiene un altro, nascosto e sorprendente.
Si comincia con il racconto della sparizione misteriosa di Agatha nel 1926 ma si finisce per immedesimarsi nel passato doloroso di Nan, l’Amante del colonnello Christie, per interrogarsi sulla morte dalle tempistiche sospette di una coppia di coniugi in un albergo termale e per parteggiare per un giovane irlandese a cui la guerra ha portato via la gioia di vivere e per un poliziotto che ha perso l’uso di un braccio.
I personaggi sono tutti ben scritti e ben caratterizzati, realistici nel loro non essere perfetti. Per assurdo, forse è proprio Agatha Christie quella di cui, alla fine, sentiamo di sapere di meno. Sarà che il racconto è portato avanti in gran parte dal punto di vista di Nan, sarà che alcuni argomenti vengono affrontati in modo più approfondito e la scrittrice finisce per restare quasi sullo sfondo.
Drammatico e toccante, invece, il racconto del passato di Nan, la sua esperienza di ragazza madre in un convento irlandese. Sarà che essendo io madre tutto ciò che riguarda neonati e partorienti mi risulta particolarmente coinvolgente. Sarà che la de Gramont è bravissima a rendere sulla pagina le emozioni, e leggendo sembra quasi di vivere in prima persona tutta quella sofferenza, quella paura, quella rabbia.
“Il caso Agatha Christie” è un’ottima opera di finzione, plausibile sì, ma fittizia, che alla fine chiede al lettore di sospendere il giudizio e concedersi il lusso di un bel lieto fine, poco importa se poi le cose, nella realtà, non sono andate davvero così.