I top e i flop del 2018 al cinema secondo Sofia Peroni

La redazione di Parole a Colori “dà i numeri”, votando le tre migliori e peggiori novità dell’anno

Fine anno tempo di bilanci, anche su quanto visto al cinema in questi dodici mesi. E se qualche film ha buone possibilità di passare alla storia, altri finiranno presto nel dimenticatoio – mi auguro.

Iniziamo con la mia top 3, il meglio del 2018 cinematografico.

La favorita di Yorgos Lanthimos è un capolavoro visivo a tutto tondo. Sfrutta il trittico formato da Olivia Colman, Emma Stone e Rachel Waltz per ricreare un atipico ritratto della vita alla corte della regina inglese Anna. Distorto, cinico e ironico, è un film che sarà presto sulla bocca di tutti, mentre ha già un posto nel nostro cuore.

Romeo e Giulietta ma polacchi, un amore impossibile, in bianco e nero e in 4:3. Cold war è un esercizio di stile di un regista di cui sentiremo ancora parlare, che dirige magistralmente due attori sublimi che tengono il pubblico incollato allo schermo. La cura per i dettagli e l’analisi accurata di una passione ne fanno del film un papabile finalista nella cinquina per il Miglior film straniero agli Oscar. E chissà che “Cold war” non possa anche vincere.

Suspiria, il remake di Luca Guadagnino del celebre horror di Dario Argento (1977) si discosta dalla storia originale, spostando ad esempio l’azione da Friburgo a Berlino. Il cast, la storia e la fotografia sono… da paura. “Suspiria” è un terremoto di emozioni, drammi e paure, appunto, ma anche un profondo viaggio accompagnato dall’attenta regia di Guadagnino e dalle musiche sublimi di Thom Yorke.

Menzioni speciali:L’isola dei cani“, “At eternity’s gate“, “Dogman“, “Lazzaro felice“, “Hereditary“.

 

Passiamo invece alle note dolenti, i 3 flop del 2018.

Non è nata decisamente una stella, se pensiamo all’impacciata interpretazione di Lady Gaga nel film A star is born, accompagnata da un insicuro Bradley Cooper sia sullo schermo che alla regia. Una lavapiatti lascia lavoro, città e padre per seguire il sogno di cantare, dopo essersi imbattuta in un famoso cantautore, in un bar, di cui presto si innamora follemente. Questo è un film che o si ama o si odia. Noi ci ha lasciato indifferenti.

Se la strada potesse parlare… direbbe a Barry Jenkins che non si può vivere di cliché, stereotipi e luoghi comuni se l’intento è quello di portare avanti una denuncia sociale. Un nuovo film, dopo l’acclamato “Moonlight”, che si rivela essere un mero esercizio di stile. La fotografia è il punto forte, ma da sola non basta a rendere sostenibili le due (interminabili) ore di durata.

Roberto Andò realizza una critica al genere noir/giallo, pur non sapendo di farlo. La sua Storia senza nome ha per protagonista una confusa Micaela Ramazzotti nel ruolo della ghost writer di Alessandro Gassman, che si ritrova a risolvere un mistero il cui sviluppo è davvero bizzarro. Situazioni contorte vengono risolte sbrigativamente e in modo divertente, ribaltando genere e intenzioni, pur senza volerlo.