“L’isola dei cani”: Wes Anderson a tutta fantasia e creatività

Un film interamente girato in stop motion, ambientato nel Giappone di un ipotetico prossimo futuro

Un film di Wes Anderson. Con Bryan Cranston, Edward Norton, Bill Murray, Jeff Goldblum, Bob Balaban, Scarlett Johansson. Animazione, 101′. USA, 2018

Giappone, 2037. Il dodicenne Atari Kobayashi va alla ricerca del suo amato cane dopo che, per un decreto esecutivo a causa di un’influenza canina, tutti i cani di Megasaki City vengono mandati in esilio in una vasta discarica chiamata Trash Island. Atari parte da solo nel suo Junior-Turbo Prop e vola attraverso il fiume alla ricerca del suo cane da guardia, Spots. Lì, con l’aiuto di un branco di nuovi amici a quattro zampe, inizia un percorso finalizzato alla loro liberazione.

 

La 68esima edizione della Berlinale è stata ufficialmente aperta dalla proiezione di “L’isola dei cani” (Isle of dogs), il nuovo film di Wes Anderson, in competizione per l’Orso d’Oro.

Si tratta di una pellicola d’animazione in stop motion, ambientata in un futuristico Giappone, precisamente nella città fittizia di Megasaki, dove il corrotto sindaco Kobayashi decreta la deportazione di tutti i cani su una vicina isola usata come deposito rifiuti – chiamata, appunto, Trash island.

Ma un giorno il dodicenne Atari, di cui il sindaco è diventato tutore dopo la morte dei genitori, si avventura sull’isola per ritrovare il suo fidato Spots. Incontra così altri cani che lo aiuteranno nella sua ricerca, tra montagne di spazzatura e inceneritori di rifiuti, mentre in città la sua scomparsa riaccende la lotta politica dei Pro-cani contro il sindaco (che, neanche a dirlo, è Pro-gatti).

Umoristico, ironico e politico: “L’isola dei cani” intrattiene in modo egregio, merito anche del talento dei doppiatori – tanti grandi nomi per la versione originale, Bill Murray, Brian Cranston, Edward Norton, Jeff Goldblum, Scarlett Johansson, Tilda Swinton, Francis McDormand, persino Yoko Ono.

In conferenza stampa, Murray ha scherzato, dicendo che essere in questo gruppo di voci è un po’ come essere nel video di “We are the World”, vista la quantità di gente famosa presente. Il regista Wes Anderson ha aggiunto che quando si chiede a un attore di prestare la voce per un film d’animazione è difficile per lui dire di non essere disponibile, perché “possiamo andare a registrare pure a casa sua!”.

Degna di nota la prova del giovanissimo Koyu Rankin, la cui voce non solo ha dato vita al protagonista Atari ma è servito anche come ispirazione per la creazione del pupazzo omonimo. Infatti, niente tecnologia digitale per “L’isola dei cani”, ma modelli e pupazzi.

L’animazione in stop motion risale a prima del digitale e Anderson l’ha scelta perché la ritiene affascinante e legata alla storia del cinema. Sono state realizzate le miniature di tutti i personaggi per girare le scene, che poi sono state combinate insieme digitalmente per ottenere un risultato grafico molto gradevole.

Accurata l’ambientazione nipponica, frutto del contributo dei membri giapponesi del cast: dalle musiche alle terme alla preparazione del sushi, tutto è riprodotto in modo autentico, tanto che mi è venuta voglia di andare di nuovo in viaggio in Giappone il prima possibile!

Lieve ma percepibile l’ispirazione all’arte cinematografica giapponese, in particolare alle opere di Kurosawa e Miyazaki, di cui Anderson ammira i silenzi e l’attenzione ai dettagli. Ma l’umorismo dei protagonisti canini è genuinamente americano, e si combina benissimo con la serietà dei personaggi umani.

Ci fa piacere vedere un Wes Anderson nel pieno delle sue capacità artistiche e immaginative, perfetto per far partire il festival col vento in poppa.

 

Previous article“The good place”: quando i buoni si riconoscono – anche – dagli abiti
Next articleMaggio in libreria: il meglio delle nuove uscite del mese
Valeria Lotti
Originaria della provincia di Roma, vive tra l'Europa e la Cina, coltivando la sua passione per lo studio di società e culture. Dottoranda a Berlino, ama scrivere di cinema, viaggi e letteratura. Si ritiene democratica e aperta alla critica, purché non sia rivolta ai libri di Harry Potter.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here