La fine dell’anno è vicina e mi tocca fare una scelta: buttare ciò che in quest’annata cinematografica poteva essere decisamente evitato e tenere, invece, ciò che di buono la settima arte ci ha regalato.
È stata dura, ma ce l’ho fatta. Su un titolo non ho mai avuto nessuna ombra di dubbio. “La favorita” di Yorgos Lanthimos è uno di quei film che non ti aspetti e che per questo non puoi fare a meno di amare. Grottesco, ironico, cattivo: una favola deliziosamente malvagia di sesso, donne e giochi di potere. Un’opera che diverte e confonde con tre grandi performance di Emma Stone, Olivia Colman e Rachel Weisz. Irresistibile.
Nella mia ricerca spasmodica del particolare, un posto speciale se l’è guadagnato “Three Identical Strangers”, un docu-film che mixa diversi generi: inizia come una commedia, una stupida e divertente storia da tabloid; lentamente, poi, scivola in acque decisamente più scure: il regno dell’orrore, poi della tragedia. Tim Wardle gioca con la materia che racconta come se fosse dinanzi ad un giallo-thriller, svelando passo per passo tutti i pezzi del puzzle. Sconvolgente, toccante e sorprendente.
Ha catturato non solo la mia attenzione ma la mia emotività “Girl” di Lukas Dhont, un coming of age silenziosamente potente ed elegante che accompagna il viaggio personale di una giovane donna transgender alla ricerca del suo corpo con sorprendente empatia. Toccando un argomento potente e incandescente, il film riesce nel non facile obiettivo di raccontare la lotta interiore di una giovane eroina che mette a rischio il proprio corpo per diventare la persona che vuole essere.
È il momento delle dolenti note. Devo ammettere che è più facile scegliere ciò che decisamente non mi è piaciuto.
Un posto d’onore lo meritano, ormai da anni, “le sfumature” e nemmeno quelle rosse sono riuscite a fare il miracolo. “Cinquanta sfumature di rosso” prova a mescolare, senza risultato, il thriller a tutti i costi e il melodramma. Il film sembra perdere del tutto il suo genere, seminando, di tanto in tanto, qualche nudo non ben armonizzato con la struttura della storia.
Tra le numerose commedie italiane o presunte tali, la palma del peggiore spetta quest’anno a “Cosa fai a capodanno?”, un’opera davvero molto ambiziosa, almeno nei pensieri del regista e sceneggiatore Filippo Bologna, ma che si riduce ad uno sterile susseguirsi di sequenze che sembrano non avere ne capo ne coda. Evitabile.
Lo so, la Disney è sempre la Disney e non va toccata, ma “Nelle pieghe del tempo” un posticino nel peggio di quest’anno se lo merita tutto. Superficiale e ripetitivo, il film si riduce a uno sterile susseguirsi di sequenze che sembrano non avere né capo né coda.