Giuditta: dall’eroina biblica pietosa alla femme fatale di Klimt

di Francesca Cavotto

 

Avete in programma un weekend romantico a Venezia? Perché allora non andare controtendenza e fare tappa prima a Mestre, almeno adesso che la cittadina ha scelto di ospitare la celebre “Giuditta” (anche detta “Giuditta II” per distinguerla dalla I del 1901) di Gustave Klimt?

Giuditta II, Gustave Klimt. 1909

L’opera, in mostra al centro Candiani fino al 5 marzo, è il fulcro dell’esposizione “Attorno a Klimt. Giuditta, eroismo e seduzione”, che attraverso un percorso espositivo di circa 80 opere provenienti dai Musei Civici Veneziani ripercorre la trasformazione della figura biblica di Giuditta fino alla la sirena sensuale del pittore austriaco.

Realizzata nel 1909 e presentata alla Biennale di Venezia del 1910, la Giuditta fu acquistata lo stesso anno dal comune di Venezia per Ca’ Pesaro, divenendo una vera e propria icona e completando quel processo che aveva portato il mito biblico ad essere riletto in chiave novecentesca.

La storia di Giuditta inizia nell’Antico Testamento, all’epoca del regno di Nabucodonosor, quando il generale assiro Oloferne, inviato per conquistare i territori a occidente, assediò il popolo di Israele. Questo, allo stremo delle forze, sarebbe capitolato di fronte al nemico se non fosse stato per il coraggio e la virtù della giovane eroina.

Giuditta, ricca vedova ebrea, invocando la protezione di Dio si presentò a Oloferne con innumerevoli doni, fingendo di essere venuta per tradire il suo popolo. Il generale, ammaliato dalla bellezza della donna, si convinse di poterla possedere, ma ella dopo averlo fatto ubriacare gli tagliò la testa con una scimitarra, salvando il suo popolo dall’invasione straniera.

Giuditta divenne così, nella Bibbia, simbolo della fede in Dio, un’eroina pronta a sacrificare se stessa per essa.

Il ritorno di Giuditta a Betulia. Sandro Botticelli. 1472

Così inizia anche la storia di Giuditta nella nostra mostra. Le prime sale infatti parlano, attraverso preziose Bibbie del 1500, disegni, incisioni e acqueforti del 1600 e 1700, di una donna idealizzata, simbolo di rettitudine morale, onestà e integrità religiosa.

Nel corso dei secoli, però, la figura della casta eroina biblica inizia a trasformarsi, e da semplice donna virtuosa ella diviene espressione della società borghese di fine Ottocento e inizio Novecento.

Il Simbolismo ottocentesco che permeava la Secessione Viennese alla quale Gustave Klimt apparteneva, influenzò profondamente il pittore che scelse di rileggere il tema biblico in chiave contemporanea.

Giuditta si spoglia della sua castità e diviene una donna sensuale e moderna, non un elemento salvifico nella storia dell’uomo ma, al contrario, come un insieme di pulsioni, istinti e passioni che possono condurre l’uomo fino alla morte. Giuditta diviene, nell’immaginario moderno, la femme fatale, la sirena ammaliatrice, la donna che non perdona.

Giuditta e Oloferne, Caravaggio. 1602

Se nelle raffigurazioni precedenti – consideriamo, ad esempio, il celebre dipinto di Caravaggio “Giuditta e Oloferne” del 1602 – il tema era sviluppato dagli artisti mettendo a fuoco il momento dell’uccisione del generale assiro, con Klimt l’iconografia del mito viene totalmente rinnovata.

La tela comprende nella sua totalità la figura verticalizzata di Giuditta, dipinta semi nuda nelle sue curve sinuose, mettendo in risalto gli zigomi pronunciati, il collo proteso in avanti, i seni e le mani raffigurate con lunghe dita nodose alla fine delle quali si intravede la testa tagliata di Oloferne.

L’episodio biblico passa in secondo piano rispetto alla figura della donna che si erge come individuo forte e solitario nel dipinto.

Il percorso espositivo procede poi con altri artisti contemporanei che raffigurano la donna e il mito della seduzione. Tra questi vogliamo ricordare almeno i più celebri, Edward Munch, Egon Schiele e Gaetano Previati, che con le loro opere offrono un quadro completo dell’evoluzione di questa figura nella storia del pensiero occidentale.

Una mostra che il direttore dei Musei Civici di Venezia, Gabriella Belli, ha concepito come un percorso espositivo complesso e minuzioso, che attraverso il fil rouge della figura di Giuditta consente al visitatore di viaggiare nei secoli, attraverso sentieri ancora inesplorati.