Un film di Gabriele Mainetti. Con Claudio Santamaria, Aurora Giovinazzo, Pietro Castellitto, Giancarlo Martini, Giorgio Tirabassi. Drammatico, 141′. Italia, Belgio 2021
Roma, 1943: Matilde, Cencio, Fulvio e Mario vivono come fratelli nel circo di Israel. Quando quest’ultimo scompare misteriosamente, forse in fuga o forse catturato dai nazisti, i quattro “fenomeni da baraccone” restano soli nella città occupata. Qualcuno però ha messo gli occhi su di loro, con un piano che potrebbe cambiare i loro destini… e il corso della Storia.
L’attesa è (quasi) finita. A sei anni di distanza dalla sua opera prima “Lo chiamavano Jeeg Robot”, che ha riscosso un incredibile successo di critica e pubblico, Gabriele Mainetti torna al cinema (dopo l’anteprima veneziana, il 28 ottobre) con un kolossal nel senso più vero del termine, dove si mescolano fantasy, innovazione tecnologica e tradizione della commedia all’italiana.
“Freaks out”, presentato in concorso alla Mostra del cinema, è ambientato nella Roma della seconda guerra mondiale. Nel caos di bombardamenti e rastrellamenti si muovono quattro “fenomeni da baraccone”, Matilde (Giovinazzo), Cencio (Castellitto), Fulvio (Santamaria) e Mario (Martini). Vagano alla ricerca del loro mentore, Israel (Tirabassi), caricato su di uno di quei treni che porta gli ebrei verso la morte.
Risate, lacrime, divertimento: “Freaks out” ha tutto per essere un grande film. Per certi elementi (il budget speso, la cura dei dettagli, la capacità di osare e sollevarsi sopra la monotonia e prevedibilità di tante, troppe produzioni di casa nostra del suo regista) non sembra nemmeno un film italiano ma internazionale.
I freak di Mainetti sono irresistibili: quattro protagonisti imperfetti, quattro “diversi” che escono dal loro guscio, dalla loro confort zone (il circo) per prender parte alla Storia che avviene sotto ai loro occhi. E poi c’è un villain di tutto rispetto, Franz (Rogowski), pianista tedesco e direttore artistico del Zirkus Berlin, con troppe dita e poco cuore. Convinto che, con l’aiuto dei superpoteri dei nostri eroi, la Germania di Hitler non perderà la guerra.
La regia è immersiva, totalizzante; la colonna sonora strepitosa. “Freaks out” trascina il pubblico in una favola grigia che prende gradualmente colore. Come i personaggi che lentamente si emancipano, crescono, si allontanano dall’aspetto “circense” e divengono risorsa per il mondo, affrancandosi dall’idea di essere solo dei mostri e accettando invece la loro particolarità come un dono.
Disperato e crudo ma ricco anche di un’entusiasmante umanità, il film di Mainetti è insieme un romanzo d’avventura e di formazione, arricchito da una tenerissima riflessione sul valore della diversità. Bombardamenti, esplosioni, sparatorie, eroi con poteri alla X-Men, un cattivo tedesco, un gruppo di partigiani sui generis, Roma ai tempi della guerra. In “Freaks out” tutti questi elementi convivono e generano sincero stupore.