“Fabrizio De André – Principe libero”: ritratto di un uomo oltre l’artista

Luca Marinelli veste i panni del cantautore genovese nel biopic di Facchini, al cinema per 2 giorni

di Riccardo Carosella

 

Un film di Luca Facchini. Con Luca Marinelli, Ennio Fantastichini, Valentina Bellè, Elena Radonicich, Matteo Martari. Biografico, 193′. Italia, 2018

Data di uscita italiana: 23 e 24 gennaio 2018

Il 27 agosto 1979 Fabrizio De André e la sua compagna, la cantante Dori Ghezzi, vengono sequestrati nella loro tenuta agricola nei pressi di Tempio Pausania, in Sardegna. Verranno liberati quasi quattro mesi dopo. Da quel fatto si innesca un lungo flashback che racconta l’adolescenza e l’età adulta del cantautore, tra incontri, folgorazioni, vita privata e attività musicale, fino a tornare al rapimento e chiudersi sul matrimonio tra i due, nel 1989.

 

Essere anarchico non è fare come ti pare. È darsi delle regole prima che te le diano gli altri!

Esce nelle sale come evento speciale in due sole date, 23 e 24 gennaio, prima di arrivare su Rai 1 il 13 e 14 febbraio, “Fabrizio De André – Principe libero” di Luca Facchini, il ritratto di uno dei più grandi artisti che il nostro paese abbia mai conosciuto.

Per il sottoscritto non è facile essere super partes nello scrivere questa recensione, per ragioni affettive e ideologiche che mi legano profondamente a questo film. La prima è Luca Marinelli, attore che da quando ho conosciuto mi ha folgorato per la sua carica emotiva e per quel suo modo unico e incredibile di entrare nella pelle di un personaggio, facendolo risultare vero agli occhi dello spettatore.

La seconda è lui, Faber, non tanto il De André cantautore, quanto il De André artista, nel vero senso del termine; un artista cocciuto, determinato, fuori dagli schemi e soprattutto libero dalle convenzioni, dalle regole della società, dai giochi di potere e dal dio denaro. Un uomo che non sottostava a niente e a nessuno e che mai e poi mai avrebbe sacrificato anche solo una nota della sua musica per il volere di qualcun altro… perché si sa, l’arte (quella vera) non si compra.

Il film di Facchini, in realtà, si propone di raccontare l’uomo prima che l’artista. Nato in una delle famiglie più benestanti di Genova, Fabrizio fin dall’adolescenza mostra segnali di ribellione. Ai salotti preferisce i bassifondi – i famosi caruggi -, dove passa le serate tra musica, prostitute e alcool, mostrando un temperamento trasgressivo e un animo anarchico. Proprio in questi ambienti, assieme all’amico Paolo Villaggio (Gobbi), inizia a farsi notare per le sue incredibili doti artistiche.

Perennemente in lotta con un padre severo e ingombrante (Fantastichini), che lo vorrebbe più quadrato ma sarà anche quello che gli regalerà la prima chitarra, supportato e vegliato dal fratello (Iacopini), protettivo e comprensivo, circondato da donne, altra sua grande passione. Dalle prostitute dei vicoli genovesi a Puny (Radonicich), la prima moglie da cui avrà il figlio Cristiano, fino a Dori Ghezzi (Bellè) che irromperà nella sua vita di padre di famiglia come un fulmine a ciel sereno, facendogli vivere una nuova turbolenta tappa di un’esistenza sempre a cento all’ora.

Per il De Andrè artista, fondamentale la figura di Luigi Tenco (Martari), che lo convinse a fare della sua arte un lavoro. Coi primi contratti non arriva però solo il successo, ma paure e ansia, quella dei live, quella di gestire i propri demoni e conciliare famiglia e musica. L’incontro con Dori sarà determinante in questo senso, grazie a lei Fabrizio conoscerà un nuovo slancio, sancito dalla nascita della figlia Luvi.

Il cast si rivela, nel complesso, all’altezza. Ottima l’interpretazione della giovane Valentina Bellè, alla seconda collaborazione con Luca Marinelli dopo “Una questione privata” dei fratelli Taviani (qui la recensione su Parole a Colori), e sempre più credibile. Marinelli si eleva sopra tutti gli altri. Il suo Faber non è un’imitazione, una copia sterile, ma un ritratto vivido e pulsante, che colpisce ed emoziona.

“Fabrizio De André – Principe libero” è un film consigliato a tutti, a chi è cresciuto con la musica del cantautore genovese ma anche ai giovani. Perché attraverso la sua storia e la sua figura è possibile capire cos’è la grande musica, cos’è la libertà, cos’è l’arte.