Audrey ha 14 anni ed è da tempo che non esce più di casa. Qualcosa di brutto è successo a scuola, un episodio di bullismo che l’ha profondamente segnata e ora lei è in terapia per rimettersi da gravi attacchi d’ansia e panico che non le permettono di avere contatti con il mondo esterno. Per questo indossa perennemente dei grandi occhiali scuri, il suo modo di proteggersi e sfuggire al rapporto con gli altri. Il fratello invece è un simpatico ragazzino ossessionato dai videogiochi che, con grande disperazione della madre nevrotica, non si stacca un attimo dal suo computer e dal suo amico Linus che condivide la sua stessa mania. Ma quando Audrey incontra Linus nasce in lei qualcosa di diverso… deve poter trovare un modo per comunicargli le sue emozioni e le sue paure. Sarà questa scintilla romantica ad aiutare non solo lei, ma la sua intera famiglia scombinata.
Su Sophie Kinsella, come autrice, si possono avere molte idee diverse. Personalmente penso che i libri della serie I love shopping fossero davvero divertenti, esilaranti e ben scritti… almeno all’inizio. Col passare degli anni, e dei romanzi, purtroppo, la freschezza e la carica di originalità degli inizi si è andata via via attenuando.
Leggere di Becky Bloomwood e delle sue bizzarre, e talvolta grottesche, avventure mi ha fatto ridere di cuore, e come è successo a molti lettori è proprio grazie a questo personaggio che ho scoperto il genere chick lit e ho visto come può declinarsi nel modo più riuscito. Quando leggo un libro di questo tipo, il paragone con la Kinsella mi viene sempre naturale.
Il problema, con le serie, è che quando si ha successo capire che è il momento di chiudere il ciclo e passare ad altro non è mai semplice. Molto meglio continuare a sfruttare il marchio, che vende, anche a discapito di trama, credibilità e quant’altro (?).
Sia come sia, sapere che l’autrice stava per cimentarsi in un progetto diverso mi ha incuriosito da subito. Un po’ come è successo con la Rowling, trovo, da lettrice, che vedere uno scrittore lasciare la strada più sicura e conosciuta per l’ignoto sia interessante.
Mi ero fatta un paio di idee su “Dov’è finita Audrey?” prima ancora di leggerlo, basandomi su titolo, copertina rosa shocking e genere di riferimento. Devo però dire che la storia mi ha davvero sorpresa. In senso positivo. Non c’è niente di banale, in queste pagine, niente di zuccheroso o edulcorato, creato ad hoc per adattarsi a un pubblico giovane. Penso di essere caduta inavvertitamente vittima dei soliti pregiudizi che si sentono spesso sul conto dei romanzi young adult: sono per ragazzi, possono parlare solo di temi leggeri, con un linguaggio leggero. Il libro della Kinsella – così come “Raccontami di un giorno perfetto” di Jennifer Niven, per fare solo un altro esempio (qui potete trovare la recensione su Parole a Colori) – dimostra il contrario. In questa casella della narrativa si possono trovare storie profonde, che affrontano argomenti spinosi e difficili.
È il caso della storia di Audrey, che in seguito a degli episodi di bullismo avvenuti a scuola, è caduta vittima di attacchi d’ansia e di panico. Quando incontriamo questa 14enne, indossa sempre occhiali scuri per proteggersi dal mondo, non esce mai di casa, ha difficoltà a parlare con le persone, è in terapia da una psicologa. Un quadro tutt’altro che idilliaco.
Il bello è che la storia è tutta così. Non assistiamo a miglioramenti miracolosi, a banalizzazioni del tema. Seguiamo Audrey nel suo percorso di riabilitazione – che è un po’ un riaprirsi al mondo e alla vita – fatto di alti, e di bassi, di riprese e di cadute. La lezione più importante che esce dalle pagine è questa: non è soltanto la vita della protagonista, a somigliare a un grafico che va verso l’alto, ma con picchi che salgono e scendono. Le vite di tutti sono così.
Ce lo dimostrano quelle degli altri personaggi di questa storia, che personalmente ho amato molto nel loro essere realistici, ma anche divertenti nel loro estremismo (vogliamo parlare della mamma, convinta che i video games siano il male, che arriva a buttare il computer del figlio dalla finestra per salvarlo?). Sono dei tipi? Molto probabilmente sì. Abbiamo il padre un po’ distratto, che preferisce demandare le decisioni alla moglie; la mamma super-presente che ha lasciato il lavoro per stare vicino alla figlia, e prende per oro colato tutto quello che viene scritto sul “Daily Mail”; il fratello adolescente dipendente dal computer, che cerca di aggirare punizioni e proibizioni materne. E poi ancora, il fratellino di 4 anni carino e dolce, anche se un po’ bizzoso; e Audrey, Audrey che ha qualcosa di diverso da ogni altra ragazza di 14 anni, ma anche tanti tratti in comune con loro (l’atteggiamento nei confronti dei maschi, per esempio).
Quella che la Kinsella ci racconta è una famiglia-tipo volutamente caricata, estrema, per certi versi. Però non sembra tutto uno scherzo. Però i personaggi ci fanno ridere, ci fanno intenerire, ci portano a parteggiare per loro o a mettere in discussione le loro scelte. Non restano fermi sulla carta, ma si animano. E così, se la mamma ci sembra talvolta un po’ troppo centrata nelle sue convinzioni, poco disposta ad ascoltare il punto di vista del figlio, il piccolo Felix è l’immagine esatta del bambino piccolo – con i suoi capricci, le piccole manie, e tutto il resto – a cui è impossibile non volere un po’ bene.
L’autrice è riuscita a scrivere un libro non banale, a toccare tematiche delicate con uno stile frizzante ma non ridicolo. La storia è inaspettata, gli spunti di riflessione sono tanti – dal bullismo al rapporto genitori/figli. La dimostrazione che, qualche volta, lasciare la strada vecchia per la nuova è sì un rischio, ma può dare i suoi frutti.