L‘autrice Roberta Calandra ha scritto in tempi non sospetti un monologo esistenziale sull’isolamento forzato. Ma quello che doveva essere uno spettacolo teatrale dal titolo “Doriana Grigio Vana” ha dovuto fare i conti con il lockdown e il Covid19.
Il regista Mariano Lamberti non ha comunque abbandonato il progetto e ha avviato le prove on-line con l’attrice Caterina Gramaglia, unica protagonista. E da qui “D.O.R.I.A.N.A.” ha preso la forma con cui lo abbiamo visto – e recensito – qualche settimana fa: un mediometraggio curato nei minimi dettagli, e pronto a far riflettere e discutere il pubblico.
Siamo felici di avere con noi su Parole a Colori Roberta Calandra, Caterina Gramaglia e Mariano Lamberti per parlare di questo intrigante – e quasi profetico – art movie.
La prima domanda è per Roberta Calandra. In alcune interviste hai detto che la drammaturgia di “D.O.R.I.A.N.A.” l’hai pensata in spiaggia e poi sviluppata in due anni, come testo “comico”. Ma poi il destino ha giocato una carta inimmaginabile, con la pandemia e i lockdown a livello mondiale. Puoi chiarirci meglio la genesi del film? E se dovessi scriverlo oggi, cosa cambieresti?
RC: È interessante quello che dici. Probabilmente oggi non scegliere di parlare dell’isolamento, perché sarebbe un tema troppo facile e abusato. Si rischierebbe il luogo comune in ogni angolo, cosa che invece era assolutamente impensabile anni fa, sulla spiaggia, parlando di commedie. Era già strana l’idea. Probabilmente oggi cercherei d’inventare qualcosa che renda il film meno isolante.
Quando ho finito di vedere il film ho pensato: incredibile! Il vostro è un atto creativo e narrativo di grande lungimiranza.
RC: Io credo che l’Arte sia sincronicità: per tutte le cose c’è un tempo, e questo può essere sorprendente.
Mariano, la prima volta che hai letto la drammaturgia hai avuto il timore di poter essere accusato di sfruttare l’onda emotiva del Covid? È stato più difficile del normale, per questo motivo, adattare il testo?
ML: Il testo l’avevo già letto prima del Covid. In realtà ero molto eccitato, condividevo l’entusiasmo di Roberta e Caterina nel girare qualcosa sull’isolamento che fosse emblematico, metaforico senza citare la pandemia. Ero sicuro d’essere in qualcosa di più grande. Certo, ogni tanto mi chiedevo se una volta terminata l’emergenza la visione del film potesse risultare pesante, difficile per il pubblico. Invece, le prime reazioni sono state positive.
Conosco Caterina da qualche anno, e conosco il suo rigore attoriale. Quanto ha inciso l’isolamento nell’interpretazione di Doriana? In teatro avresti portato un personaggio diverso?
CG: Essendo una persona molta riservata, mi è capitato spesso negli ultimi anni di chiudermi in casa. Ad esempio il mio spettacolo teatrale “White room” di qualche anno fa è nato dall’esperienza della neve a Roma che bloccò la città. Gli autoscatti gli faccio da molto prima che iniziasse l’uso dei selfie; stessa cosa per i video. Chiaramente una condizione forzata di reclusione è cosa diversa dalla mia libera scelta di farlo. Paradossalmente è stato più faticoso lavorare perché il tempo sembra sospeso. Non avendo l’urgenza della scadenza, mi è risultato più difficile anche memorizzare il testo. Poi abbiamo iniziato a fare le prove con Mariano, scambiandoci idee e interpretazioni del testo. Mariano si auto-riprendeva e mi mandava i video. Io nel frattempo mi riprendevo in continuazione, una pratica che ho affinato negli anni con l’utilizzo dei social.
Roberta, hai dichiarato che una volta terminato il testo l’hai affidato a Mariano, non volendo saperne più nulla. Però sarà successo durante la lavorazione d’intervenire, magari per evitare un eccessivo stravolgimento?
RC: Sì, ogni tanto sbirciavo, ma Mariano è l’unico regista con cui abbia lavorato che mi chiede sempre di supervisionare il lavoro d’adattamento, non volendo togliere una virgola in più del necessario dal mio testo. Sapevo che sarebbe uscito un progetto interessante. Mi sono fidata.
Caterina, i social secondo te durate il lockdown hanno svolto un ruolo positivo o si sono mantenuti sull’abituale livello? Molti tuoi colleghi hanno sentito l’esigenza di utilizzarli anche più del solito per far sentire la loro presenza ai fan. Questa sovraesposizione è da valutare positivamente, o come nel caso del tuo personaggio è solo un apparire a tutti i costi?
CG: No, non è stata positiva. Io ho osservato molto, sono attenta alla bellezza, e mi dispiace dire che sul web sono uscite cose davvero brutte da parte da colleghi anche importanti, seppure animati da lodevoli intenzioni. La necessità di non far morire la cultura non deve andare a discapito della qualità.
Mariano, per te il lockdown non ha rappresentato un blocco creativo, anzi hai dichiarato che è stato un inaspettato stimolo. Come pensi che cambierà la vita di un regista o di un autore nei prossimi mesi e anni? Questo tragico momento quanto condizionerà il modo di scrivere e di pensare?
ML: Il realismo ha un suo valore storiografico, documentaristico. Quello che un artista dovrebbe sforzarsi di fare è ricavare l’essenza dall’esperienza vissuta e raccontarla, rielaborandola. In “Doriana” abbiamo cercato di fare questo: raccontare in modo peculiare cosa significhi isolarsi, tagliare le relazioni con gli altri. Personalmente sono vent’anni che lavoro come regista, con alterne fortune. La pandemia ha fatto maturare in me la convinzione di voler fare cose che sento mie, vicine. Voglio dare la mia identità ai futuri progetti.
Tornando alla stretta attualità, il dpcm del 25 ottobre ha decretato una nuova chiusura per cinema e teatri, nonostante questi si siano dimostrati, di fatto, “Covid free”. Come immaginate il futuro, soprattutto per ciò che riguarda il mondo del teatro?
RC: Non ho una percezione chiara, sinceramente. Come dicevi tu i contagi sono stati praticamente inesistenti grazie alla rigorosa applicazione dei protocolli. Nonostante le difficoltà, c’è chi ha deciso di ricominciare, anche con spettacoli con più personaggi. Uno sforzo molto costoso, visto la netta riduzione degli spettatori. A soffrirne sono sempre i teatri più piccoli. La mia sensazione è che si stia prosciugando un pozzo già secco.
CG: Mi aggancio a Roberta. Un Paese, soprattutto nei momenti difficili, tragici, dovrebbe mettere in campo una rete di sostegno per le attività culturali, soprattutto per quelle cosiddette “minori”.
ML: Personalmente noto che i grandi teatri, paradossalmente, nel periodo della riapertura hanno faticato anche più dei piccoli. Ma sinceramente non so darti un visione nel medio periodo.
Chiediamo sempre ai nostri ospiti di raccontarci un aneddoto, che sia divertente o meno, sulla vita sul set. Com’è stata per voi?
CG: Noi stiamo sempre a litigare. Abbiamo caratteri diversi, personalità molto forti. Però il progetto non sarebbe diventato realtà, senza la nostra sinergia. Nonostante le discussioni, siamo stati positivi.
ML: Io faccio coming out artistico: Roberta ha dato un impulso prezioso, ma senza Caterina Gramaglia non avrei mai fatto questo film! Caterina, a mio avviso, è una delle attrici più brave del panorama italiano. Non era facile reggere un testo del genere in un contesto così, sopportando anche le mie continue sollecitazioni. Solo Caterina poteva farcela.
Insomma Caterina non ha difetti?
ML: Per carità, è una rompipalle unica. Ma è un attrice sublime.
CG [ridendo]: Grazie. Mariano ha tirato fuori una parte sconosciuta del mio essere donna. È stato un continuo stimolo. Sono certa che lavoreremo ancora insieme.
Non ci resta che aspettare, allora. Un seguito di “D.O.R.I.A.N.A.” o magari un progetto sulla follia..
ML: Be’, Caterina incarna perfettamente la follia femminile.
CG: Non ci vuole molto.
ML: Ma anche Roberta se ne intende di follia femminile.
I tre avrebbero continuato a parlare e scherzare, ma il tempo a nostra disposizione è finito. E noi li ringraziamo per essere stati con noi e facciamo loro un grande in bocca al lupo.