Caro lettore, avrai certamente sentito parlare, anche se non lo hai mai sperimentato in prima persona, del famigerato “blocco dello scrittore”, l’incubo di trovarsi davanti alla pagina bianca senza sapere come fare a riempirla di parole, il timore di avere esaurito la vena creativa.
Se questo blocco è tristemente famoso, in pochi sanno che ne esiste anche uno analogo che colpisce i frequentatori dei Festival cinematografici. Lo definirei “la sindrome dell’inviato festivaliero” ovvero chi vuol strafare finisce male…
In cosa consiste? È una particolare forma di autolesionismo che normalmente colpisce gli inviati troppo zelanti, gli attempati o gli smaniosi di farsi notare dal proprio direttore. Tre categorie di idioti che, nonostante la mole di lavoro, i tempi stretti e la stanchezza crescente decidono di vedere pellicole random per aumentare la consistenza dello speciale.
Il sottoscritto, naturalmente, rientra in tutte e tre le categorie e a questo coniuga la capacità più unica che rara di scegliere, in autonomia, film brutti o talmente complessi e simbolici che poi scriverne diventa un missione quasi impossibile.
Nel giro di ventiquattro ore a Venezia ho segnato non uno ma due autogol di questo genere, grazie ai film della sezione Orizzonti “Milestone” di Ivan Ayr e “The furnace” di Roderick Mackay che per motivi diversi mi hanno deluso, indispettito e annoiato. E adesso eccomi qui, che fisso la pagina Word bianca senza sapere bene cosa scrivere.
“MILESTONE”
Un film di Ivan Ayr. Con Suvinder Vicky, Lakshvir Saran. Titolo originale: Meel Patthar.
Drammatico, 98′. India 2020
Il film di Ivan Ayr è ambientato in India e ha come protagonista un esperto camionista, Ghabil, che da una parte deve trovare il modo di risarcire un parente della moglie, morta giovane, dall’altro di tenersi il lavoro messo a rischio dall’insorgere di un improvviso mal di schiena.
Una storia malinconica, che mostra la realtà indiana dei lavoratori invisibili, sfruttati per pochi soldi di salario. Un affresco desolante di una società arretrata, condizionata ancora dall’influenza del Consiglio degli anziani piuttosto che dalla legge.
“Milestone” scorre sullo schermo lento, monocorde sia nel ritmo che nello sviluppo narrativo. I cambiamenti emotivi ed esistenziali del protagonista non toccano mai lo spettatore. Una pietra miliare, sì, ma di come NON scrivere e realizzare un progetto introspettivo con sfumature socio-culturali.
Il biglietto da acquistare per “Milstone” è:
Neanche regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.
“THE FURNACE”
Un film di Roderick MacKay. Con Jay Ryan, David Wenham, Erik Thomson, Mahesh Jadu, Goran D. Kleut, Gary Young. Drammatico, 116′. Australia 2020
Con “The Furnace”, invece, ci spostiamo nell’Australia Occidentale di fine Ottocento, quando i britannici “trapiantarono” cammellieri afghani, indiani e persiani nell’outback. Un giovane cammelliere che ha fraternizzato con gli aborigeni intraprende un viaggio rischioso con un avventuriero che ha rubato due lingotti d’oro della Corona, per fonderli…
Il film di MacKay è un western atipico in cui si mescolano anche elementi introspettivi, spirituali e religiosi. È una caccia all’oro, una storia d’amicizia e soprattutto una corsa distruttiva in cui ogni personaggio è spinto dall’egoismo e dall’avidità personale.
Dopo un inizio promettente e incalzante, “The furnace” si perde in corso d’opera, diventando un minestrone drammaturgico indigeribile. Apprezzabili comunque le ambientazioni e un cast complessivamente di talento.
Il biglietto da acquistare per “The furnace” è:
Neanche regalato. Omaggio (con riserva). Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.