Inutile girarci intorno: vista una Cerimonia d’apertura di Cannes, viste tutte! Tranne qualche piccolo cambiamento al canovaccio, dettato dal periodo storico/culturale in cui ci troviamo, resta sempre tutto uguale a se stesso.
Non avevo nessuna intenzione di scrivere qualcosa a riguardo, e invece eccomi qui, davanti al pc, inaspettatamente ispirato da quanto ascoltato e visto sul palco dell’Auditorium Lumière.
“Quando sei in difficoltà, buttala in caciara” recita un saggio proverbio romano. Francamente non so se esista una traduzione in francese, ma ho il fondato sospetto che il buon Frémaux si sia sentito molto vicino all’anima capitolina, visto il clima che si è respirato e si respira tutt’ora sulla Croisette.
Da giorni i media d’oltralpe parlano con insistenza di uno scandalo di molestie pronto a deflagrare, con tanto di documento in cui sarebbero scritti nomi e cognomi di personalità presenti al Festival. E come se non bastasse, il direttore artistico deve gestire un possibile sciopero dei tecnici, che minacciano di bloccare la complessa macchina organizzativa.
Ma le lacrime e la commozione, come insegna Maria De Filippi, possono servire a far dimenticare tutto il resto. Ed ecco allora che la Cerimonia d’apertura si è trasformata in una puntata di “C’è posta per te”, o forse sarebbe più corretto dire di “Anche i ricchi piangono”.
Quale momento migliore per omaggiare Meryl Streep con la Palma d’oro alla carriera? Ma Frémaux ha voluto esagerare, chiamando Juliet Binoche a consegnare il riconoscimento. E la cara Juliet ha pensato bene di ricordare la lunga carriera della collega americana, prima singhiozzando e poi piangere copiosamente. Meryl Streep, fiutata l’aria, si è adatta al clima, da vera professionista, ringraziando commossa il proprio agente e fianco il suo parrucchiere.
Camille Cottin, nelle vesti di presentatrice, ha cercato di cavalcare l’onda, dapprima “deliziando” il pubblico con un improbabile rap sulla storia di Cannes e poi fingendosi a sua volta commossa, ma con scarsi risultati.
Sia come sia, Frémaux, da direttore navigato e smaliziato, ha superato la difficile prova. Forza, direttore, ci mancano solo altri undici giorni. Pensiamoci liberi – possibilmente senza ulteriori lacrime!