Billie Holiday: ritratto dell’usignolo in gabbia

di Fabio Gagliandi

 

Nome: Eleanora Fagan, o Elinore Harris, nota come Billie Holiday o Lady Day
Genere: Jazz e Blues
Periodo di attività: 1933-1959
Evergreen: Summertime, Prelude to a kiss, God bless the Child, Lover Man, Strange Fruit

Billie Holiday
Eleanora Fagan nota come Billie Holiday (Philadelphia, 7 aprile 1915 – New York, 17 luglio 1959).

L’usignolo in gabbia, una gabbia dorata appesa in alto sulla grande metropoli, una gabbia da cui ne ha viste tante. Ma pur sempre una gabbia.

Un’infanzia poco vissuta, quella di Billie Holiday, nata Eleanora Fagan, frutto di una notte d’amore tra un 16enne suonatore di banjo, Clarence Holiday, e una 13enne ballerina di fila, Sarah Julia Fagan. Una vita che definire travagliata è poco, scandita da lutti, storie d’amore sbagliate, droga, problemi finanziari. Forse sono state proprio queste due cose a donare alla ragazza di Philadelphia quella voce unica.

La voce, sì. Troppo spesso diciamo: “Che bella voce”, ascoltando questo o quel pezzo moderno. Ci limitiamo alla bellezza esteriore del mezzo canoro, e non a quello che trasmette a un livello più profondo. Scalfiamo di pochi millimetro la superficie, ascoltando buona parte dei pezzi moderni, ma non mettiamo davvero in gioco la nostra interiorità, il nostro vissuto.

Billie Holiday, microfono

La realtà è che solo pochi timbri ci danno davvero la possibilità di analizzare noi stessi, di sentire, a ogni nota, delle schegge cariche di vita vissuta e di assorbirle, poi, come la terra arida fa con la pioggia.

Interiorizzare e capire tutte le sfumature contenute nella voce di Billie Holiday risulta complicato, poiché ci siamo abituati a essere annaffiati come piante da giardino e non ad accogliere l’acqua che cade dal cielo. La soddisfazione di riuscire nell’impresa, però, ripaga ampiamente della fatica.

Tanti i brani della cantante – che scelse il nome d’arte unendo il cognome del padre, Holiday, a Billie in omaggio all’attrice Billie Dove – che raggiunsero un successo assoluto. Tra questi ricordiamo God bless the Child, composta da lei, Lover Man, Strange Fruit, inno della protesta per i diritti civili negli anni ‘40.

Il segno lasciato da Billie Holiday è indelebile non solo a livello musicale ma anche culturale. Prova ne sono i numerosi richiami e tributi presenti in altre canzoni nel corso del tempo, nei lavori di altri artisti. Tra questi ricordiamo “Lady Day” (altro soprannome della cantante) di Lou Reed.