Il Papa è una figura per sua stessa natura positiva e amorevole, un buono, guida spirituale, politica e carismatica senza macchia della Chiesa cattolica. Giusto? Molti credenti risponderanno affermativamente a questa domanda, ma a Sky hanno un’idea diametralmente opposta.
La prima cosa da raccomandare a chi decidesse di seguire la mini-serie “The young Pope” diretta dal Premio Oscar Paolo Sorrentino, in onda in autunno sulla pay tv (debutto previsto in Italia per il 21 ottobre), è proprio di togliersi dalla testa le figure di Papi senza macchia, quasi sovrumani che la Rai ci ha abituato a vedere negli ultimi anni. Qui siamo su un altro livello.
Alla Biennale di Venezia sono stati proiettati in anteprima mondiale i primi due episodi della serie, composta da 10 puntate.
Il Papa americano immaginato da Sorrentino è una via di mezzo tra un sociopatico e una rock star, un uomo determinato a lasciare il segno come successore di Pietro.
In molti hanno paragonato Pio XIII, interpretato da un intenso Jude Law, a una sorta di Frank Underwood in abito talare. Il paragone è abbastanza calzante se si pensa al cinismo e alla disinvoltura mostrati da entrambi i personaggi; la principale differenza è che Underwood, fin dalla prima puntata di “House of cards”, dichiara apertamente i suoi obiettivi, mentre Lenny Belardo è enigmatico come un giocatore di poker professionista. Jude Law gioca con lo spettatore, confondendogli le idee e sparigliando continuamente le carte. Chi guarda non sa mai cosa pensi o provi questo giovane pontefice.
Orfano di entrambi i genitori, cresciuto con amore materno da Suor Mary (Diane Keaton), Belardo ha bruciato le tappe della carriera ecclesiastica come allievo dell’ambizioso cardinale Spencer (James Cromwell) e, a sorpresa, è stato eletto Papa grazie anche al benestare del potente e machiavellico cardinal Voiello (Silvio Orlando), Segretario di Stato.
Il duello dialettico e di potere tra Belardo e Voiello inizia però quasi subito, portando sul piccolo schermo due visioni differenti e inconciliabili della Chiesa. Silvio Orlando rappresenta quella Chiesa più vicina alla politica e agli interessi economici che all’anima dei fedeli; Pio XIII, dal canto suo, non si può definire un Papa progressista. Se non vuole che la Chiesa si occupi di faccende economiche e torni alle origini, desidera anche che le persone lo facciano oggetto di un vero e proprio culto della personalità.
Paolo Sorrentino firma una sceneggiatura che sicuramente farà discutere per il modo in cui racconta la vita nei sacri palazzi di San Pietro, usando un approccio liberal e critico e un’ironia feroce e pungente. Due episodi non bastano per stabilire fin dove si sia spinto il regista napoletano, ma sicuramente il coraggio creativo e drammaturgico è da apprezzare.
Il dubbio, semmai, è se il pubblico medio sia pronto a seguire per dieci puntate questa Tv secondo Sorrentino. Una sfida difficile, ma che non ci sentiamo di definire impossibile da vincere in partenza.
Certamente “The young Pope” sarà uno degli eventi televisivi di punta del prossimo autunno e se oltre Tevere qualcuno dovesse scuotere la testa, pazienza! Jude Law, Paolo Sorrentino e Sky se ne faranno una ragione. Così come il pubblico laico curioso di vedere, prima di giudicare.