Bibliotecari si nasce o si diventa? Pro e contro di una professione

Continua il nostro viaggio nel magico mondo delle biblioteche, luoghi magici per i lettori, capaci però di stare al passo coi tempi, aggiornarsi e offrire oggi una varietà di servizi sempre più utili.

Nel secondo appuntamento con questa piccola rubrica la nostra Federica Zanoni – bibliotecaria per scelta sin da metà degli anni ’80 – ci parlerà dei pro e i contro di una professione che non può non far gola almeno un po’ a chi ama i libri.

Tra considerazioni e osservazioni che solo un addetto ai lavori può fare, senza dimenticare qualche aneddoto divertente, riprendiamo il nostro percorso tra scaffalature, pc e utenti bizzarri.


 

di Federica Zanoni (Kikka)

 

bibliotecaFino a metà degli anni ottanta, capitava che le piccole biblioteche di pubblica lettura fossero gestite da dipendenti pubblici non molto “graditi” ai piani alti, che si trovavano quindi per le mani un servizio poco ambito, poco conosciuto, ma soprattutto poco riconosciuto.

La formazione avveniva per lo più attraverso l’esperienza quotidiana; il maggiore supporto i bibliotecari lo ricevevano dalla commissione biblioteca, composta quasi sempre da lettori appassionati e da utenti affezionati.

Chi, come me, ha intrapreso questa professione in quel periodo ha vissuto momenti di rabbia e sconforto. Le biblioteche? Luoghi inadatti per una corretta fruizione del servizio, dove mancava lo spazio necessario per ospitare il patrimonio librario e svolgere le più semplici operazioni biblioteconomiche. Orari di apertura al pubblico ridotti al minimo indispensabile; richieste di materiale e attrezzature quasi mai accettate, se non sotto forma di riciclo proveniente da altri uffici.

Progetti e proposte per incrementare le raccolte e le attività promozionali, preventivi di spesa per il corretto funzionamento della biblioteca, manutenzione dei documenti puntualmente presentati ai dirigenti o agli amministratori competenti e puntualmente riposti sotto a una pila di altre carte, più importanti. Riduzione ciclica dei fondi, per imprescindibili “tagli di bilancio”.

Affermare di essere bibliotecaria significava, sul finire degli anni ’80, ascoltare domande del tipo: “Sì, ok, ma di lavoro cosa fai?”, “ Perché, bisogna essere laureati per lavorare in biblioteca?” “ Ma cosa fai tutto il giorno? Leggi i libri?”. Capite bene che avere sempre pronta una risposta spiritosa non era semplice.

Negli ultimi anni le cose sono realmente cambiate, le biblioteche di pubblica lettura sono presenti in ogni comune, sono luoghi che hanno subito significative modifiche nella gestione del servizio offerto e anche nella formazione del personale.

Nella mia provincia, la maggior parte delle sedi sono state ristrutturate, arredate in modo consono alle necessità; alcune sono addirittura ubicate in edifici di nuova costruzione. Ci sono sale studio, spazi per i più piccoli, documenti multimediali, postazioni con computer, riviste tematiche.

La biblioteca è un punto di incontro, di scambio e d’interazione; al suo interno si tengono corsi, attività di promozione della lettura. La biblioteca è anche una sorta di fulcro culturale per le comunità di ogni paese, quartiere, città.

Da sempre mi definisco bibliotecaria “per scelta”. Agli studenti universitari che seguo in veste di tutor dico spesso: “E’ la professione più bella del mondo, ma se non è realmente quel che volete può divenire un incubo”.

L’amore per il mondo dei libri, l’opportunità di ideare e realizzare attività culturali, il costante e continuo aggiornamento pensato per poter offrire al pubblico un servizio più completo ed efficiente possibile, sono certamente tra gli aspetti positivi di questa professione, ma non sono sufficienti a giustificare una scelta di vita in questo senso.

L’interazione con il cittadino-utente è uno degli aspetti più interessanti, più curiosi, ma anche il più sfibrante: le richieste sono diversificate e molto spesso non di competenza dei bibliotecari. Capita poi che la buona educazione non sia una base comune da cui partire.

Ho un episodio molto divertente ma esplicativo in questo senso, da raccontarvi. Un sabato mattina entra in biblioteca un signore con due borsoni. Dopo aver sistemato il prezioso carico sulla mia scrivania, mi guarda e con tono fermo mi dice: “Ha visto quanti e che belli? Adesso me li controlla che poi io vado”. In un primo momento credevo fossero libri… in realtà erano funghi.

Ecco, l’ultima frase che mi ha detto prima di andarsene è stata: “ Se non lo sapete voi che state qua in mezzo ai libri, chi lo deve sapere se sono funghi buoni da mangiare?”.

Direi che questo è un caso limite. Ma poi ci sono gli utenti che prima di prendere in prestito una novità editoriale vogliono conoscere il tuo parere e se non è positivo, non lo leggono, quelli che ti coccolano con i cioccolatini, quelli che percepiscono che stai vivendo un momento particolare, difficile magari, e spontaneamente ti raccontano i loro momenti no.

Mi piace definire la biblioteca “un piccolo mondo del mondo” e tu ne fai parte. Questo a mio parere è il lato positivo più grande di questa professione.


 

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