Un film di Felix Van Groeningen. Con Steve Carell, Timothée Chalamet, Maura Tierney, Christian Convery, Oakley Bull. Drammatico, 111′. USA 2018
Nicolas Sheff è uno studente di 18 anni, che scrive per il giornale della scuola, gioca a pallanuoto, ama leggere e possiede una spiccata sensibilità artistica. Da quando ha 12 anni, però, ama sperimentare le droghe; e da qualche tempo ha provato la metanfetamina che ha reso il suo mondo a colori. In breve tempo Nic, da semplice adolescente che fa uso sporadico di stupefacenti, si trasforma in un vero e proprio tossicodipendente.
Beautiful Boy è il titolo di una canzone di John Lennon in cui il cantante rassicura un bellissimo bambino che nel pericolo e nelle difficoltà lui ci sarà. La canzone non è solo il leitmotiv dell’omonimo film di Felix Van Groeningen ma ne è anche l’essenza: come fa un padre a esserci per suo figlio di fronte a qualsiasi difficoltà? Un interrogativo a cui non si dà risposta, sviluppato però con amore e grande sensibilità.
Basato sull’omonimo romanzo del giornalista David Sheoff e sulla biografia del figlio Nic, quello di Van Groeningen è un film di rara fattura, capace di entrare con i guanti dentro un’esperienza di vita difficile e allo stesso tempo comune oggi.
Nonostante alcune criticità, le scelte registiche sono chiare e azzaccate. La telecamera è il tramite per vedere, con gli occhi da padre di David, quel figlio bellissimo trasformato in uno zombie. Ma, soprattutto, per vivere insieme a lui tutto il dolore di un genitore che deve arrendersi al fatto di non poter far nulla per salvare il suo bellissimo bambino dal baratro.
Per un film che parte da un’esperienza di vita vissuta per sensibilizzare il pubblico verso una minaccia reale come quella della droga, riuscire a creare una sincera empatia era una sfida difficile. “Beautiful Boy” l’ha vinta appieno.
Non si può affermare questo, però, senza elogiare le performance di Timothée Chalamet e Steve Carrell. Il primo conferma la sua naturalezza nell’entrare in personaggi psicologicamente complessi ed ermetici, come già dimostrato in “Chiamami col tuo nome” di Guadagnino. Il secondo, seppure fisicamente diverso dal vero Sheoff, si immedesima nel giornalista con grande maestria e ci accompagna passo dopo passo dentro il dramma di un padre che scopre ed è costretto ad accettare che il figlio che conosceva è scomparso.
I due attori fanno così bene il loro lavoro che, alla fine del film, è impossibile immaginare qualcun altro nei ruoli di Sheoff padre e figlio.
“Beautiful Boy” fa scordare storie romanzate sullo stesso tema alla “Sid & Nancy”, per riportarci nella dimensione reale di quello che la droga consuma dell’individuo che ne abusa e di chi rimane impotente a guardare. Il film riesce a comunicare tutto il dramma di questo fenomeno sociale attraverso una rappresentazione credibile di un rapporto padre-figlio che, nonostante le distanze create dalla tossicodipendenza, resiste e guarisce un giorno alla volta.