Permettetemi di iniziare con una notazione tecnica, questa volta, una notazione DAVVERO tecnica. Nel 2010 è uscito in Italia il romanzo dello scrittore tedesco Volker Kutscher “Il pesce bagnato“, prima inchiesta dell’ispettore Gereon Rath (in Germania, a questa ne sono seguite diverse altre).
Il titolo del libro non era una suggestione casuale, ma rimandava al nome dato nella polizia criminale della Berlino di inizio Novecento a quei casi che rimanevano irrisolti, pesci bagnati, appunto. Dai romanzi di Kutscher – plurale, signori miei, fate attenzione! – è stata poi tratta una serie tv, che è arrivata di recente anche in Italia, trasmessa da Sky, dal titolo “Babylon-Berlin”.
Niente di male, se non fosse che quando Feltrinelli, a fine novembre, ha deciso di ripubblicare il libro di Kutscher – chiaramente per cavalcare il ritorno d’immagine che solo una maxi produzione per il cinema o la tv sa regalare – lo ha fatto cambiandogli nome, e scegliendo quello della serie invece dell’originale.
Ecco, è un procedimento commerciale – che è toccato anche ad altri libri adattati per il cinema/tv e poi ripubblicati, come “Ma gli androidi sognano pecore elettriche?” di Philip K. Dick – che personalmente trovo molto irritante. Perché non si possono lasciare le cose come stanno e usare, se proprio si deve, una delle tanto abusate fascette pubblicitarie per rimandare alla serie/al film?
Anche perché, in questo caso specifico, l’accostamento serie-libro è anche fuorviante. La serie infatti copre un periodo ampio che va dal 1929 al 1934, mentre “Il pesce bagnato” e la nuova pubblicazione sono solo il primo caso seguito da Rath. Due cose diverse, insomma!
Fatta questa chilometrica ma per me doverosa premessa, posso dirvi che il libro – sì, fatevene una ragione, mi riferirò a lui usando solo questo nome generico, anche per evitare confusione! – è un poliziesco vecchio stampo, con tanti chilometri macinati dal protagonista per le vie di una reggente Berlino anni ’30, tanti appostamenti, tanti interrogatori e sospetti.
Un poliziesco dove il colpevole e la soluzione del caso vengono alla luce poco a poco, dove non mancano i colpi di scena e si resta affascinanti non solo da questi ma anche – per non dire maggiormente – dalla vita cittadina, dal lavoro della polizia in quanto tale, dall’ambientazione e da tutti i piccoli fatti che succedono per le strade e dentro le case.
La Germania tra le due guerre prende letteralmente vita, così come le persone. Nel libro s’incontra un vero caleidoscopio umano, tra poliziotti più o meno corrotti, criminali di ogni genere, espatriati russi, ballerine, prostitute, informatori. Ogni personaggio – principale o secondario che sia – è ben caratterizzato, ha qualcosa che lo rende realistico, umano, palpabile.
Non c’è spazio per la perfezione o l’idealizzazione, in questa storia. Perché dalle pagine emerge forte e chiaro un senso di incombenza, il passo pesante della storia che avanza. Era intenzione dello scrittore inserirlo oppure siamo solo noi lettori contemporanei a vedere le cose attraverso una prospettiva onnisciente, rileggendo tutto già sapendo quello che succederà di lì a pochi anni? Bella domanda per i posteri.
SCONSIGLIATO. PUNTO DI DOMANDA. Nì. CONSIGLIATO. IMPERDIBILE