Un esordio con il botto, quello di Walter Veltroni nel genere noir con “Assassinio a Villa Borghese”, che apre la collana “Lucciole” di Marsilio. Il primo noir di una lunga serie, ipotizziamo, con al centro le indagini dell’ispettore, pardon, il neo commissario Giovanni Buonvino, affiancato da una improbabile ciurma, raccogliticcia, di agenti.
Il libro è anche un tributo alla città eterna, tanto amata dall’autore. Al centro degli accadimenti c’è il parco di Villa Borghese, il più grande parco culturale del mondo, dove si trovano l’omonima galleria, la Galleria nazionale di arte moderna, la casina di Raffaello, il Museo etrusco di Villa Giulia, la Casa del cinema, il Bioparco e tanto altro.
Le prime pagine del romanzo indugiano su di lui, Giovanni Buonvino, ispettore superiore da più di 15 anni, senza alcuna prospettiva di carriera a causa di un – imperdonabile – errore commesso anni addietro, quando era di stanza a Caserta. Da quel momento canzonato da colleghi e superiori, era stato poi trasferito a Roma e relegato a una scrivania in un locale senza finestre, “il barattolo”.
La sua vita scialba, con due gatti come unici compagni, viene scossa dalla notizia dell’agognata promozione: commissario all’istituendo Commissariato di Villa Borghese. Ma imprevedibilmente, a pochi giorni dal nuovo incarico, Villa Borghese diviene il teatro di delitti efferati che metteranno a dura prova le capacità del neo Commissario e della sua squadra abborracciata, i magnifici sette, messa insieme dal perfido e mefistofelico Razzetti.
“Assassinio a Villa Borghese” è un romanzo godibile, che si legge in modo agile, tutto d’un fiato volendo, e che mescola elementi noir con altri di assoluta freschezza narrativa, come quando vengono presentati i vari personaggi, alcuni dei quali molto caratterizzati e caratterizzanti.