di Amira Dridi
Un film di Stephen Hopkins. Con Stephan James, Jason Sudeikis, Jeremy Irons, William Hurt, Carice van Houten. Biografico, 134′. USA 2016
Vi è mai capitato di decidere di andare al cinema di pomeriggio e ritrovarvi da soli, voi e lo schermo, con la sala per il resto completamente vuota? L’atmosfera è un po’ inquietante, ma anche misteriosa e quasi magica.
Il film a cui ho assistito praticamente in visione personale è “Race – Il colore della vittoria” di Stephen Hopkins, una storia biografica ambientata negli anni ’30 del Novecento ma che tocca da vicino tutte le generazioni.
La macchina del tempo ci riporta nel 1935, dove il giovane afroamericano James Cleveland Owens (Stephan James), detto “Jesse” perché la maestra a suo tempo non capì il suo nome a causa dell’accento molto marcato del bambino, viene ammesso all’Università dell’Ohio.
Qui viene selezionato per la squadra di atletica da coach Larry Snyder (Jason Sudeikis), un ex corridore che ha dovuto chiudere presto con le gare disputate per via di un incidente aereo, che vede in lui un forte potenziale – già notato dal collega Charles Riley ai tempi delle scuole medie.
Il 25 maggio 1935 Jesse Owens batte in Michigan quattro record mondiali, facendosi notare fuori dall’ambiente universitario, e candidandosi per rappresentare gli Stati Uniti alle Olimpiadi dell’anno successivo in Germania.
Da qui si sviluppa il cuore della trama. Da un lato c’è Owens, che deve fare i conti con la pressione della sua gente, che gli chiede di non partecipare ai Giochi e sostenere così la lotta contro le discriminazioni razziale, dall’altro il Comitato Olimpico degli Stati Uniti (Usoc), che pensa di boicottare l’evento sportivo in aperta opposizione alla politica di Adolf Hitler.
Alla fine entrambi decidono di sfidare la Germania nazista sul campo, partecipando a Berlino ’36. Jesse porterà a casa ben quattro medaglie d’oro, compresa quella nel salto in lungo dove batterà il rivale tedesco Luz Long, che diventerà poi suo grande amico.
Owens torna a casa da vincitore ma, cosa ancora più importante, aiuta a mettere da parte l’odio, le discriminazioni e le ostilità tra razze, almeno per qualche minuto. “Quando corro, per quei dieci secondi sono libero. Non esiste nero o bianco, esiste veloce o lento”.
Un film che tiene lo spettatore incollato allo schermo dall’inizio alla fine, con una sceneggiatura e delle immagini davvero potenti – come quella del giro d’onore di Owens dentro lo stadio, o il non saluto di Adolf Hitler al vincitore.
Sport, agonismo, ma soprattutto forza di volontà e desiderio di non arrendersi. “Race” è la storia di uomo che riuscì ad abbattere barriere che, all’epoca, sembravano insormontabili.