Eleonora C. Caruso ha iniziato nel 2001 scrivendo fanfiction online con il nickname di CaskaLangley (da cui la “C” del suo nome), e non ha mai smesso. Da quell’esperienza, che la accomuna ad autrici di best-seller come E. L. James, porta con sé la passione per l’atto creativo, l’abitudine a riversare su “carta” le proprie idee, i feedback di chi l’ha seguita negli anni.
Nel 2012 ha pubblicato il suo primo romanzo, “Comunque vada non importa”, con Indiana Editore. A gennaio 2018, invece, è arrivato per Mondadori “Le ferite originali“, un libro complesso e sentito, che affronta il delicato tema della malattia mentale.
Appassionata di manga e action figure, collabora con riviste e case editrici di fumetti. E non si pone limiti, quanto a scrittura e ispirazione, come ci ha raccontato nella nostra intervista.
1. Hai iniziato nel 2001 con la scrittura di fanfiction. Da quell’esperienza – che ti avvicina a grandi nomi del panorama internazionale come ad esempio E. L. James -, oltre alla C. del tuo nome che rimanda al nick CaskaLangley, cosa ti porti dietro?
Innanzi tutto un’abitudine: scrivo ancora fanfiction, è il mio modo per rilassarmi. Quando non riesco a scriverne per troppo tempo – vuoi perché sono impegnata, vuoi perché sto lavorando a un romanzo – soffro! Poi mi porto dietro un amore per l’atto di scrivere che esiste in quanto tale, non legato alle meccaniche editoriali. Infine mi porto dietro tutti gli anni d’esperienza, cioè quello che mi hanno insegnato il centinaio di storie che ho scritto e il sostegno insostituibile di chi le ha lette.
2. È uscito a gennaio per Mondadori il tuo nuovo romanzo, “Le ferite originali”. Prima di tutto, perché hai deciso di ambientarlo nella Milano contemporanea, sospesa tra i fasti e le miserie degli anni di Expo? Pensi che, in un mondo di libri ambientati all’estero – penso a Parigi, Londra, New York – l’Itali abbia ancora qualcosa da dire, e un appeal sui lettori giovani?
Milano è una città che amo e che conosco bene, mi è venuto naturale ambientare lì il romanzo. L’ho preferito all’idea di immaginarmi la vita in città straniere in cui non ho vissuto e delle quali non conosco la cultura, rischiando involontariamente di limitarmi a scimmiottare cose già viste o già lette. L’appeal sui lettori, giovani o no, non credo dipenda dalla città in sé, ma dal modo di raccontarla. Io spero di aver raccontato una Milano in modo da coinvolgere il lettore, ma se non ci fossi riuscita la colpa sarebbe mia, non di Milano.
3. Nel libro si incontrano una serie di personaggi vividi e palpitanti – Dafne e Davide, che studiano all’università, il quarantenne in carriera Dante, e poi Christian, l’ex modello manipolatore ed egocentrico che è ciò che lega gli altri tre, apparentemente tanto diversi. C’è qualcosa di te, in questi personaggi? E a cosa ti ispiri, quando devi immaginare un carattere – metti insieme caratteristiche di persone reali, giochi completamente di fantasia, non hai un modus operandi canonico ma dipende dai casi?
Ti darò una risposta banale: c’è qualcosa di me in tutti i personaggi. Per quanto riguarda l’ispirazione, io parto sempre dalla definizione dei rapporti. Quello che mi interessa esplorare sono i rapporti tra le persone, quindi metto prima a fuoco il tipo di rapporto che vorrei raccontare, poi i personaggi adatti con cui farlo.
4. Eleonora, quando non scrive romanzi e non collabora con riviste e case editrici, cosa fa? Quali sono le tue passioni e i tuoi interessi?
Le case editrici con cui collaboro sono tutte di fumetti, va da sé che una mia grande passione sono i fumetti, in particolare i manga. Amo molto anche i videogiochi, sebbene il tempo per dedicarmici sia purtroppo quello che è. Forse la passione più particolare che ho è quella per le figures dei personaggi che amo, che colleziono nonostante le rimostranze del mio fidanzato. Per il resto leggo e guardo serie tv come tutti, o scrivo fanfiction.
5. Il tuo esordio “Comunque vada non importa”, edito da Indiana, era stato salutato in modo molto positivo dalla critica. Con “Le ferite originali” hai deciso ancora una volta di osare, percorrendo una strada non scontata, potremmo dire rischiosa. Cosa dobbiamo aspettarci, da te, in futuro? Stai già lavorando a qualcosa di nuovo?
Continuerò a scrivere quello che ho voglia di scrivere, come ho sempre fatto, senza pormi la questione di cosa sia o non sia rischioso. Non riesco a scrivere affatto, altrimenti. Al momento sì, il prossimo romanzo è già cominciato. Chissà quando potrò parlarne!