Il cinema è morto, il futuro è tutto della televisione e dello streaming. Le sale sono destinate a chiudere, in favore di una visione domestica e personale dei contenuti.
Non c’è critico cinematografico, produttore, attore che non abbia detto negli ultimi anni almeno una volta queste parole, prendendo atto dei cambiamenti dei gusti del pubblico.
Nonostante le previsioni cupe, a Venezia 74 il presidente Baratta e il direttore artistico Alberto Barbera hanno scelto coraggiosamente di andare controcorrente, decidendo d’ampliare e approfondire, dopo il successo di un anno fa, la tematica della Realtà Virtuale (VR), creando una sezione ufficiale, collocata nella splendida Isola del Lazzaretto Vecchio.
Chi scrive è poco avvezzo alle nuove tecnologie e guarda con sospetto e timore a ogni invenzione che muta il modo di fruire il cinema. Fatico ancora godermi le proiezioni in 3D, per intenderci.
Sono consapevole che la mia posizione, oltre a essere obsoleta sia anche insostenibile, quindi per dare ai lettori di Parole a Colori la possibilità di conoscere questa nuova sezione della Biennale, ho partecipato insieme ad altri colleghi all’anteprima stampa, per vedere da vicino la nuova frontiera del cinema.
Lascio al caporedattore Turillazzi il compito di fornirvi tutti i dettagli – vi anticipo che sono ben 22 le pellicole in concorso per il Venice Virtual Reality – e mi limito a scrivere degli appunti sulle emozioni e sensazioni provate durante la visita al Lazzaretto.
Su suggerimento dell’ufficio stampa abbiamo visto in anteprima “Gomorra VR – We Own The Streets” di Enrico Rosati, i primi 5’ di “The Deserted” di Tsai Ming -Liang, “My Name is Peter Stillman” di lysander Ashton e Leo Warner e “Bloodless” di Gina Kim.
Quattro titoli diversi tra loro per genere, trama e stile registico, accomunati però dalla volontà di rompere il muro che separa i protagonisti di celluloide dallo spettatore.
È questa, tirando le somme, l’essenza della Realtà Virtuale applicata alla settima arte: trasformare chi guarda in un coprotagonista del film, facendogli provare le stesse emozioni dei personaggi.
Non avendo le competenze tecniche evito accuratamente di dare un voto alle singole pellicole, ma da semplice spettatore l’esperienza – perché così si deve definire – che maggiormente mi ha coinvolto è stata quella di “My Name is Peter Stillman”. Mi sono sentito smarrito, impaurito, come se fossi davvero lo scrittore Daniel Quinn. Sono entrato nella sua testa e ho ascoltato i suoi pensieri.
La sensazione, da profano, è che la VR possa far compiere al cinema un grande salto di qualità, a patto però che venga utilizzata con cura e saggezza. Non è sufficiente portare lo spettatore dentro lo schermo, se poi la sceneggiatura dei film è debole, lacunosa o scadente.
Tornando sull’Isola del Lazzaretto, oltre ai film potrete scoprire gli stand up e le installazioni, che stimoleranno la vostra emotività o i vostri sensi.
Un consiglio ai registi, giovani e meno giovani, che desiderano cimentarsi con questa nuova tecnologia: non fatevi prendere da una facile euforia e studiate, prima di sprecare in malo modo una grande occasione.
Per chi invece ha in programma di fare un salto alla Biennale di Venezia 2017, anche per un solo giorno, consigliamo una visita alla nuova sezione Realtà Virtuale, perché così facendo avrà l’opportunità di essere testimone dell’anno zero di una nuova epoca del cinema, che il duo Baratta-Barbera ha voluto partisse proprio dall’Italia e da Venezia.