“Una serie di sfortunati eventi”: la recensione della terza stagione

Le (dis)avventure dei fratelli Baudelaire e del malvagio conte Olaf si concludono nella serie Netflix

Una serie ideata da Mark Hudis e Barry Sonnenfeld. Con Neil Patrick Harris, Patrick Warburton, Malina Weissman, Louis Hynes, Presley Smith. Drammatico, commedia. USA. 2017-2019

 

Quando escono i nuovi episodi di qualsiasi prodotto televisivo, la domanda che ci poniamo quasi sempre è: “Chissà cosa vedremo nelle nuove puntate”? Il discorso vale anche per “Una serie di sfortunati eventi”, l’adattamento targato Netflix dei romanzi omonimi di Daniel Handler, giunto alla terza e ultima stagione.

Nelle prime due stagioni gli sceneggiatori hanno voluto mantenersi fedeli ai romanzi anche come costruzione della storia e così abbiamo avuto due episodi che coprivano un singolo libro (cinque coppie nella prima, cinque coppie nella seconda). Questa scelta ha fatto sì che la storia fosse piuttosto semplice da seguire ma alla fine è risultata piuttosto ripetitiva.

La terza stagione non si discosta molto dalle precedenti e adotta le meccaniche che già conosciamo, impreziosendo tuttavia la narrazione con un discorso conclusivo sulle figure surreali che hanno incontrato i Baudelaire durante le loro disavventure (la stagione è composta da sette episodi, tre coppie come di consueto e “La fine”).

Il racconto inizia esattamente dove ci eravamo lasciati, con il cliffhanger che vedeva Violet e Klaus correre sul ciglio di un burrone a tuta velocità, forse in procinto di morire, e Sunny rapita dal conte Olaf. Non vi serve sapere altro sulla trama, se non che vedrete i consueti travestimenti, fughe rocambolesche e ambientazioni pittoresche.

Se c’è qualcosa su cui “Una serie di sfortunati eventi” ha posto particolarmente l’accento è l’importanza di ascoltare. Le peripezie dei Baudelaire, infatti, derivano molto spesso dal fatto che i personaggi che incontrano sul loro cammino non prestano attenzione – o fede – ai loro racconti.

Olaf viene aiutato spesso dai “buoni” – pensiamo solo al signor Poe, alla ricerca disperata della sua promozione – più che dai suoi buffi scagnozzi. E in ogni caso anche il conte, il villain di questa storia, ha un’etica e dei sentimenti nascosti, la sua malvagità non è assoluta, neanche lui è il Male.

E allo stesso modo i genitori dei protagonisti non sono così immacolati come pensavano Klaus, Violet e Sunny… Ci sono sfumature su entrambi gli schieramenti, come scopriranno i Baudelaire – insieme al pubblico – mano a mano che i misteri si rivelano.

 

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