“Una principessa in fuga”: ironia e satira nel libro della Von Arnim

Fazi editore pubblica in una nuova veste grafica il romanzo scritto nel 1905 e ambientato in Inghilterra

Se c’è una cosa che apprezzo in modo particolare dei libri di Elizabeth Von Arnim – e che torna puntualmente anche in “Una principessa in fuga“, edito da Fazi in una nuova veste grafica a novembre – è la loro ironia.

Non importa che al centro del racconto ci siano borghesi o nobili, dimore di vacanza in Francia o castelli sulle Alpi, la Von Arnim non ha timore di prendere tutti un po’ giro – in modo bonario, off course! E la cosa è ancora più interessante se pensate che questi romanzi sono stati scritti da una donna di inizio Novecento, quando il gusto del pubblico e la tolleranza verso certi stili erano decisamente diversi.

La principessa Priscilla, protagonista del libro (uscito per la prima volta nel 1905), ha un animo troppo poetico ed elevato per adattarsi passivamente alla vita di corte e a un matrimonio combinato. Per questo decide di fuggire in Inghilterra, aiutata dal fido bibliotecario e precettore Fritzing, per vivere una vita “dal basso”. Manco a dirlo una volta arrivata a destinazione, e nei 14 giorni della sua fuga ne succederanno delle belle…

Da lettori “moderni”, va detto, guardiamo all’intera vicenda e soprattutto ai pensieri della bella protagonista con un certo, bonario scetticismo. Questa ragazza che ha sempre avuto tutto, che è cresciuta in mezzo agli agi davvero pensa di poter essere più felice in un cottage nella campagna inglese? Senza servitori, senza begli abiti, senza cibo?

La fuga di Priscilla, per fortuna sua e del tutore che l’accompagna, dura solo un paio di settimane. Alla fine arriva a salvare capra e cavoli, come in ogni fiaba che si rispetti, arriva il principe. E trova la sua bella in uno stato d’animo decisamente più aperto e possibilista, verso di lui e il matrimonio.

Non era stato un sogno, continuava a ripetersi; per quanto brutto, era proprio la realtà. Ma quell’uomo che piombava all’improvviso da un altro mondo, non era forse lui il sogno, una parte del sogno a cui si era ribellata con la fuga di due settimane prima?

Se la protagonista fa sorridere, lo fanno ancora di più tutti i comprimari: i due spasimanti inglesi Augustus e Robin, figli rispettivamente di Lady Shuttleworth e del curato Mr Morrison, la Lady in questione, Mrs. Morrison, la cameriera di Priscilla. Ognuno è rappresentato nella propria piccolezza di figurino, con pregi e tanti difetti, senza pietà.

A raccontare l’intera vicenda, infarcendo la narrazione di commenti sagaci, esilaranti ma talvolta anche moraleggianti, una misteriosa voce narrante onnisciente. I quattordici giorni di fuga sono scanditi da questo narratore, che ci accompagna per mano verso il finale…

Ma non crediate che una persona sempre sincera come me scada nella facile menzogna proprio alla fine, e vi racconti che Priscilla visse per sempre felice e contenta. Non andò così. Ma in fondo, ditemi: esiste qualcuno che riesca a vivere per sempre felice e contento?

Che dite? Tutti i personaggi avranno avuto quello che si meritano? Leggere la conclusione per credere!