di Concetta Piro
Un film di Thomas Stuber. Con Sandra Hüller, Franz Rogowski, Peter Kurth, Matthias Brenner, Andreas Leupold. Drammatico, 125′. Germania 2018
Christian è il nuovo dipendente del supermercato alla scoperta di un mondo sconosciuto: le infinite corsie, il maniacale ordine del deposito, il meccanismo surreale del carrello elevatore. Il suo collega Bruno del dipartimento bevande lo prende subito sotto la sua ala, con protezione paterna nonostante i modi bruschi, insegnandogli tutti i trucchi del mestiere. Quando poi, un giorno, Christian incrocia tra gli scaffali lo sguardo di Marion, responsabile del reparto dolci, qualcosa scatta tra loro. A lei piace scherzare e provocare Christian, ma lui sembra davvero essersi innamorato di lei, che in realtà è sposata. Subito si sparge la voce tra i colleghi del supermercato. Quando poi Marion prende un congedo di malattia, Christian cade in una depressione così profonda che il suo miserevole passato rischia di sopraffarlo di nuovo.
Uniforme, manica destra, manica sinistra, cartellino, taglierino, carrello, pallet, caffè. Poi tutto di nuovo, fino a inculcarci in testa i rituali della normalità che si trasforma, nel film di Thomas Stuber “Un valzer tra gli scaffali”, in qualcosa di così vicino al reale che finisce per creare un senso di familiarità.
Attraverso l’utilizzo di inquadrature quasi sempre simmetriche, il regista riesce a rendere il tutto bello da guardare, grazie anche a una fotografia pulita che rende piacevoli non solo gli stupendi paesaggi tedeschi ma anche la vista dall’alto degli scaffali e delle merci, nonostante siano perennemente avvolti da un grigiore squallido.
La colonna sonora poi, improntata sulla musica classica, è la punta di diamante del progetto, e rende ogni gesto compiuto dai personaggi più deciso, quasi solenne.
Christian, ultimo assunto in un supermercato, si innamora di Marion, una donna sgraziata, non particolarmente bella, che si scopre poi essere anche sposata. Ma lui la scruta, ne osserva ogni dettaglio e la rende il centro del suo mondo. In un ambiente di lavoro che ha quasi una patina sacra, tra litigi, insegnamenti e traguardi, i rapporti nascono, si mescolano e finiscono.
Quando Christian e Bruno, un collega che ha preso il nuovo arrivato sotto la sua ala, si spostano nella pescheria, vediamo una vasca piena di pesci che nuotano in acque putride, in attesa di essere scelti per essere poi mangiati. Un pesce cerca di ribellarsi al suo destino e smuove l’animo del giovane innamorato che tenta, invano, di cambiare le sorti del fato.
E non credo sia un caso che, il primo e unico contatto tra i due amanti, si svolga proprio tra i pesci surgelati, in una cella frigorifera. Come a volerci ricordare che il calore che sembrava unire queste due anime smarrite è sfumato, proprio come il fiato che esce dalla bocca, nel gelo, e si dissolve sopra le loro teste.
Le onde del mare che sentiamo dall’inizio del film ci vengono spiegate alla fine, e constatiamo che hanno avuto da sempre, per tutti, spettatori e personaggi, lo stesso significato: una lieve fuga dalla realtà che tiene in vita i sogni perduti.
Con “Un valzer tra gli scaffali”, Stuber mette in scena in ultima analisi l’essenza stessa del sentimento: l’amore, l’amicizia, la morte, che tutto muta ma senza cambiare mai nulla.