“Tutto può succedere”: la famiglia Ferraro torna su Rai 1

In onda dal 18 giugno la terza stagione della serie di successo, con novità e qualche ombra

Una serie di Lucio Pellegrini, Alessandro Casale. Con Pietro Sermonti, Maya Sansa, Ana Caterina Morariu, Alessandro Tiberi, Licia Maglietta, Giorgio Colangeli. Commedia, dramma familiare. 2015-in produzione

 

Scrivere la recensione di una serie televisiva amata dal pubblico e attesa come “Tutto può succedere”, che torna da oggi, 18 giugno, su Rai 1 con la terza stagione, non è mai semplice.

Lo è ancora meno dopo aver fatto una maratona dei sedici nuovi episodi su Rai play, sapendo quindi dove si andrà a parare ma volendo evitare spoiler e anticipazioni che possano rovinare il piacere della visione a chi, da buon tradizionalista, vuole centellinare la visione settimanalmente.

Insomma, la terza stagione di “Tutto può succedere” è all’altezza delle due precedenti o no? Personalmente l’ho trovata debole, pasticciata e confusionaria dal punto di vista drammaturgico, tanto da sprecare quanto di buono fatto fino a qui. Mi sarei aspettato qualcosina di più da parte degli autori che invece firmano degli episodi anonimi, prevedibili e slegati uno dall’altro.

L’introduzione di nuovi personaggi nel consolidato universo familiare dei Ferraro appare per lo più forzato, poco convincente e in certi casi superfluo.

Lo spettatore nota fin da subito il taglio più intimistico della terza stagione, che punta a far emergere le difficoltà esistenziali e le crisi emotive del singolo personaggio, evitando però, come accaduto nelle precedenti stagioni, una gestione e risoluzione dei problemi in un contesto familiare e comune.

Una scelta editoriale che sulla carta poteva risultare innovativa e vincente si è rivelata in realtà, nella messa in scena, non efficace e non in linea con lo spirito della serie, adattamento dell’americana “Parenthood”.

Anziché raccontare il passaggio all’età adulta nelle sue differenti sfumature, gli sceneggiatori hanno impoverito i personaggi, svuotandoli e privandoli di profondità, potenzialità e fascino.

Lo spettatore assiste quasi sconcertato a una girandola di fugaci incontri e accennate storie d’amore, che hanno ben poco di romantico e toccante.

L’esempio più eclatante di questa inaspettata involuzione negativa è rappresentato da Ambra, interpretata da Matilda De Angelis. Il personaggio non è né carne né pesce, costretta da un lato in un triangolo amoroso poco credibile, dall’altra ancora legata in modo stagnante al sogno di diventare cantautrice.

Dopo due stagioni da protagonista, la De Angelis sembra accusare una certa stanchezza interpretativa. La sua performance è meno sagace, fresca, autentica, di rottura delle precedenti. Sono davvero pochi i momenti in cui la cantattrice bolognese da prova del proprio talento e personalità, segno che forse il personaggio inizia ad andarle un po’ stretto.

Meno eclatante ma pur sempre negativa è l’involuzione del personaggio di Sara, interpretata da Maya Sansa. Combattuta tra due amori come la figlia Ambra, finisce per risultare agli occhi dello spettatore stucchevole, irritante e fuori tempo massimo. La Sansa evita il tracollo artistico della De Angelis esclusivamente per merito della sua consolidata esperienza scenica e del suo talento.

Tra tante note dolenti, ci piace sottolineare il bel lavoro sui personaggi di Federica (Porcaroli), Max (Nocchi) e Cristina (Filippi), cresciuti in profondità, importanza e spessore. Quelli dove i giovani attori sono in scena sono sicuramente i momenti migliori della terza stagione.

Si confermano fondamentali per la tenuta minima sindacale dello show la presenza di Pietro Sermonti, Licia Maglietta e Giorgio Colangeli, recitativamente solidi, autentici, d’esperienza.

Al pubblico spetta il giudizio finale, e come di consueto mi aspetto di venire smentito. Oppure no. Vedremo. Perché si sa, “Tutto può succedere”.