“Tully”: gioie e dolori della maternità in una commedia non scontata

Charlize Theron e Mackenzie Davis protagoniste del film di Jason Reitman, profondo ma non retorico

Un film di Jason Reitman. Con Charlize Theron, Mackenzie Davis, Ron Livingston, Mark Duplass, Emily Haine. Commedia, 95′. USA 2018

Marlo ha passato i quaranta, ha tre figli – di cui uno appena nato -, un marito e una casa di cui prendersi cura e non ne può proprio più. Il fratello Craig le offre come regalo di maternità una nanny notturna, Tully. Inizialmente Marlo fatica ad abituarsi ai modi inconsueti e stravaganti della baby sitter in skinny jeans, e ai numerosi cambiamenti apportati alla sua sfibrante routine serale dalla ragazza, ma col tempo tra le due nascerà un sincero legame di amicizia…

 

La depressione post partum, che colpisce un alto numero di donne dopo la nascita di un figlio, è un tema di cui si sente parlare oggi – non sempre con cognizione di causa – di frequente. Da quello che si legge, però, sembrerebbe che il fenomeno interessi solo le primipare. È davvero così? Una donna che ha già uno o più bambini è immune da nevrosi, sofferenza e affini?

Quelle che posso sembrarvi domande provocatorie sono in realtà il convincente ed efficace punto di partenza dell’intensa, malinconica e toccante sceneggiatura di “Tully”, firmata dal premio Oscar Diablo Cody.

Il film apre uno squarcio sulla maternità, non limitandosi ai soliti luoghi comuni e cliché, ma approfondendo con acutezza, sensibilità e soprattutto con creatività quanto possa essere delicata e fragile la psiche di una donna in determinate condizioni.

Ma attenzione, caro spettatore, “Tully” non è il classico e temibile mattone femminista e retorico. È tutt’altro! Potremmo definirlo un incrocio tra una rilettura contemporanea di “Mary Poppins” e una rivisitazione di “Fight club”… in rosa, ovviamente.

Jason Reitman, confermandosi regista di grande talento, innovativo e moderno, costruisce una commedia agrodolce capace di conquistare e spiazzare, allo stesso tempo, chi guarda.

Della storia in sé per sé non voglio dirvi niente, perché rischierei soltanto di rovinarvi la bellezza della visione e farvi perdere il senso profondo del film, concentrato in un finale davvero poetico ed emozionante.

“Tully” conferma in modo inequivocabile come Charlize Theron possa e debba essere paragonata al miglior Robert De Niro o se preferite a Christian Bale per la straordinaria dote di plasmare e trasformare il proprio aspetto fisico a seconda delle esigenze del personaggio.

Meno di un anno fa, con “Atomica bionda” (qui la recensione), l’attrice neozelandese incantava e infiammava il pubblico, soprattutto maschile, con la propria accecante prestanza fisica e sfavillante bellezza, irridendo, di fatto, i suoi 40 anni anagrafici.

Oggi Charlize si mostra flaccida, con il seno ingrossato e una vistosa pancia, risultando comunque magnifica. Perché l’attrice è capace di nascondere, quando necessaria, la propria bellezza esteriore facendo risplendere quella interiore.

La sua Marlo, quarantenne, moglie e neo mamma di un terzo figlio, piena di paure, insicurezze e fragilità, è un personaggio in cui tante donne potranno rivedersi. Merito anche di una sceneggiatura accurata e profonda, che descrive senza però scadere mai nel pietismo o nella retorica.

In aiuto della mamma distrutta arriva Tully (McKenzie), babysitter notturna che si dimostra fin dal primo momento capace non solo di aiutarla coi bambini ma anche di ascoltarla, sostenerla e comprenderla. Ma chi è Tully? Da dove nasce questa incredibile simbiosi con Marlo? È veramente una Mary Poppins in skinny jeans?

Sono tutte domande che lo spettatore si pone di fronte alla magistrale performance di Mackenzie Davis, che non solo non sfigura a confronto la più titolata ed esperta collega, ma spesso la sovrasta in talento e bellezza.

La maternità – non importa se la si affronta per la prima, per la seconda o per la quinta volta – mette sempre una donna davanti a sfide imprevedibili e complesse. E per quanto ogni mamma voglia proporsi come una novella Wonder Woman, avere accanto persone che danno sostegno – il partner, la famiglia, gli amici, una tata – è il solo modo per uscire indenni da questo momento unico ma anche provante.

 

Il biglietto da acquistare per “Tully” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre (con riserva)

 

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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