Lo sai figliolo qual è il bello della vita? Che puoi sempre ricominciare da capo. Rimettiti in cammino e seguimi! Mi alzai e abbandonai tutto lì, sul marciapiede, e cominciai a camminare come mai avevo fatto prima di allora. Da quel giorno, non mi sono fermato. I racconti di Favaro scandagliano l’animo umano che quotidianamente è scosso dal conflitto tra la cosa giusta e la cosa sbagliata, tra un’azione costruttiva e una deteriorante. I personaggi di questo libro vivono un conflitto perché la loro tensione è portata a una crescita in un mondo che tende a schiacciare le mosche bianche.
Quello che, secondo me, definisce un grande libro è soprattutto la capacità di creare un’atmosfera, di dar vita, con le parole, a un mondo dove chi legge si sente come trascinato. Stando a questa definizione, i dieci racconti di Luca Favaro raccolti in “Ti ho visto” rientrano a pieno titolo nella categoria.
Dieci racconti, dicevamo, in nove dei quali è l’autore stesso del libro il protagonista principale. Non aspettatevi storie di eroi o di personaggi fuori dal comune, qui vanno in scena anziani ed emarginati, persone incomprese dalla società. Detto così potreste pensare a racconti tristi, malinconici, e in effetti è questa la sensazione più forte che si prova leggendo. Ma in ognuna delle situazioni descritte quello che emerge è la capacità delle persone di compiere un gesto d’amore e di comprensione, fosse anche uno solo, capace di scaldare il cuore.
Racconti che sono anche riflessioni, e che portano, grazie allo stile essenziale e al linguaggio semplice e diretto utilizzato, il lettore a interrogarsi. Perché a ben guardare queste storie trascendono dalla singola e precisa situazione descritta, parlano a ciascuno secondo la sua esperienza, raccontano qualcosa che è intimo e universale al tempo stesso.
Descrivere uno per uno situazioni, personaggi, suggestioni di questi 10 spaccati di vita vissuta non avrebbe molto senso. V’invito a leggerli, in effetti, perché sono fortemente convinta che ogni persona potrebbe essere colpita da un dettaglio, da una storia, da un momento, diversi da quelli che hanno colpito me. Confesso che il primo racconto, “Il volto della solitudine”, è quello che mi ha colpita di più e che più mi è rimasto dentro. Mano a mano che il libro va avanti si entra in sintonia con lo stile dello scrittore, con l’atmosfera di cui parlavo all’inizio. Ma questa prima incursione nel microcosmo descritto da Favaro… mi ha lasciato addosso una sensazione vivida, che è rimasta con me per tutto il giorno. Parlare di solitudine, di vite che si avvicinano alla fine, dell’ambiente stesso di una casa di riposo – un luogo che cerchiamo il più possibile di non immaginarci, anche quando ci vive qualcuno che amiamo – non è semplice. Farlo con grazia, usando parole veritiere e scomode, per certi versi, ma capaci al contempo di toccare le corde più profonde nel nostro essere… Non si racconta una storia con un inizio e una fine, qui, ma si tratteggiano tanti piccolissimi quadri, che però hanno tutta la definizione e la profondità da far sentire al lettore il desiderio di conoscere meglio i protagonisti e al contempo la sensazione di conoscerli da sempre.
Tornando dal particolare al generale, uno dei lati migliori di questo libro, secondo me, è che, nonostante nei racconti venga spesso data voce alla sofferenza, vengano spesso descritti momenti tristi della vita di una persona, il messaggio che viene fuori dalle pagine è comunque e soprattutto un messaggio positivo, ottimista. La vita ha spesso delle derive drammatiche, si può finire soli, persi, incompresi, ma nonostante questo è anche possibile ritrovare un barlume di luce, di amore, di positività, sempre. Non è mai troppo tardi, per essere felici. Almeno un pochino. O per donare una molecola di gioia agli altri. E se non è ottimismo questo…
L’AUTORE | Luca Favaro (Treviso), vive a Breda di Piave, è sposato e ha due figli. Oltre a scrivere, canta nel coro gospel Sonoria. Nei ritagli di tempo sfida il suo daltonismo tentando di dipingere con, dice lui, pessimi risultati.