“They say nothing stays the same”: un film elegante, caldo, onirico

Jô Odagiri dirige un dramma orientale volutamente lento, che dà modo al pubblico di pensare

Un film di Jô Odagiri. Con Akira Emoto, Ririka Kawashima, Nijirô Murakami.
Drammatico, 137′. Giappone 2019

Toichi traghetta da tutta la vita i paesani che vivono sul suo lato del fiume verso la città sorta sull’altra riva. A parte i suoi occasionali passeggeri, non ha contatti con nessuno salvo il giovane Genzo. Intanto, a pochi passi dal suo traghetto, si costruisce il ponte che è destinato a porre fine al suo lavoro. Un giorno sulla riva del fiume appare una misteriosa ragazza senza tetto né legge. Toichi la ospita nella sua baracca ma l’incontro cambierà per sempre la sua vita.

 

Il sottoscritto non ha mai avuto un grande feeling con il cinema orientale, incontrando grosse difficoltà a sviluppare un sincero coinvolgimento emotivo con i personaggi dei film. Ho sempre trovato le storie eccessivamente simboliche, criptiche e imbevute di uno spiritualismo/fatalismo molto distante da me.

Il lungo preambolo era necessario per introdurre il mio piacevole e inaspettato giudizio positivo sul film “They say nothing stays the same” dell’esordiente Jô Odagiri, presentato nelle Giornate degli Autori di Venezia 2019.

L’opera prima di Odagiri – una rilettura ipnotica ed elegante de “Il vecchio e il mare” di Hemingway – è delicata, introspettiva, malinconica eppure capace di suscitare profonde emozioni e significative riflessioni esistenziali nello spettatore.

Il vecchio Toichi (interpretato da un bravissimo Akira Emoto) ha speso l’esistenza come barcaiolo, taciturno Caronte tra le due sponde di un fiume. Uomo schivo, semplice e umile, incarna un mondo antico quanto solido che sta scomparendo sotto i colpi del progresso e della modernità.

Lo spettatore entra in punta di piedi nella sua vita, scandita dai silenzi, dalle chiacchiere con i clienti e soprattutto dai gioviali e gustosi pranzi con il fidato amico Genzo. Una vita che però cambia, quando fa la sua comparsa la misteriosa Fu.

Sappiamo poco o nulla della ragazza e del perché fosse in pericolo di vita, ma lentamente il legame tra lei e Toichi si fa più forte, simbiotico, tanto da spingere l’uomo a cambiare le proprie abitudini e abbattere la corazza che si è costruito intorno negli anni.

“They say nothing stays the same” è un film volutamente lento, che si concede i suoi tempi e i suoi spazi e permette così anche al pubblico di fare propri gli spunti di riflessione e godersi questo stile di racconto elegante, caldo, a tratti onirico.

La sublime fotografia amplifica i colori e la luce, oltre a esaltare la bellezza dei luoghi naturali che impreziosiscono la visione. Il ritmo e il pathos sono costanti; la colonna sonora toccante.

La modernità e il progresso saranno anche auspicabili, eppure troppo spesso questi coincidono con la cancellazione di tradizioni e stili di vita millenari. In futuro, dovremmo cercare sempre più di preservare le vestigia del passato, ad esempio la semplicità dei Toichi.

 

Il biglietto da acquistare per “They say nothing stays the same” è:
Nemmeno regalato. Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.