Un film di Michel Franco. Con Tim Roth, Charlotte Gainsbourg, Iazua Larios, Henry Goodman, Albertine Kotting. Drammatico, 83′. Messico, Svezia, Francia 2021
Alice e Neil Bennet, eredi di una fortuna milionaria, si trovano in vacanza ad Acapulco con i figli di lei, quando una tragica notizia richiama urgentemente la famiglia a Londra. Pur colpito dalla circostanza, Neil finge di aver dimenticato il passaporto e di non potersi dunque imbarcare con loro sul primo volo. Noleggia invece un taxi e si fa portare in una stanza d’albergo d’infimo ordine, ad un passo da una spiaggia presa d’assalto da locali e turisti. Sedutosi su una sedia di plastica, con i piedi nell’acqua e un secchio di birre a disposizione, Neil pare non voler fare altro che restarsene così per sempre.
Alla stragrande maggioranza degli over30 sarà capitato, almeno una volta nella vita, di pensare per un breve, esaltante momento di mollare tutto e tutti e ritirarsi a invecchiare su una bella spiaggia tropicale, sorseggiando birra. Poi il momento passa, e si torna coi piedi per terra.
Pensare di mollare da un giorno all’altro famiglia, figli e responsabilità, a maggior ragione se all’indomani della perdita di una persona cara, senza alcun dubbio o incertezza, appare una follia. Eppure è quanto succede in “Sundown” di Michel Franco, presentato in concorso a Venezia e adesso a Londra. Un film insensato eppure al contempo tremendamente struggente.
Fino a metà, l’intreccio ci appare criptico, inspiegabile, lento, esasperante. Si inizia con quella che sembra la cartolina della vacanza perfetta di una famiglia inglese. Un uomo e una donna, Alice e Neil Bennet, stanno trascorrendo del tempo coi figli, i giovani Colin e Alexa, in un esclusivo resort ad Acapulco.
Le giornate scorrono serene, sempre uguali, finché una telefonata annuncia alla donna che la madre sta per morire. La frettolosa e angosciante corsa all’aeroporto rompe l’idillio da Mulino Bianco. Al momento dell’imbarco, lui dice di aver dimenticato il passaporto in albergo. Li raggiungerà appena possibile, che loro vadano pure avanti.
Peccato che, una volta salito in taxi, si faccia lasciare al primo squallido albergo per poi passare le sue giornate in spiaggia, inventando scuse sempre più improbabili con la moglie rientrata a Londra.
Per trovare un senso a quello che vediamo – di cui non vi raccontiamo altro, ci mancherebbe! – bisogna aspettare le ultime scene. Allora tutto assume una diversa prospettiva. Ma per arrivare alla “rivelazione” serve pazienza, parecchia, e la forza di resistere all’urgenza di scappare a gambe levate dalla sala o di abbandonarsi tra le braccia di Morfeo.
Michel Franco – dopo il convincente “Nuevo orden” – ha deciso di correre un bel rischio artistico, puntando tutto sulle capacità di Tim Roth. Il film è lento, statico; la storia dilatata nel tempo. Ma l’attore britannico è padrone della scena, magnetico, ipnotico, usa il proprio corpo in questa performance inusuale quanto potente.
“Sundown”, in ultima analisi, è il racconto di uomo che, volendo decidere liberamente del proprio destino, sceglie di spogliarsi di tutto il superfluo, materiale ed emotivo, e andare contro ogni logica collettiva. Una sorta di San Francesco moderno.
Il senso della pellicola di Michel Franco probabilmente risulta più chiaro dopo una seconda visione, ma la performance di Tim Roth resta impressa a fuoco fin dal primo momento. Chapeau.