Il Festival di Cannes non è solo red carpet, conferenze stampa con i protagonisti e pellicole – tante! – inserite nelle diverse categorie. Il programma è ricco di eventi collaterali, come gli incontri organizzati dall’American Pavilion.
Il 14 maggio abbiamo partecipato a “Storytellers: The filmmakers behind the stories we love”, con Nina Menkes, regista di film indipendenti, Jim Cummings, scrittore e regista, e John Sloss, produttore.
Grande assente, per motivi familiari, Greg Sestero, autore della sceneggiatura di “The Disaster Artist” (qui la recensione), adattamento del libro che ha scritto sulla propria esperienza come attore nel film “The room”, considerato una delle peggiori produzioni di sempre. Il suo personaggio si chiamava Mark, e morivo dalla voglia di salutarlo con un: “Hi Mark!”. Be’, non è venuto, pazienza.
L’incontro si è svolto davanti a un pubblico costituito da molti studenti di cinema, avidi di ascoltare qualche consiglio su come dirigere un film in armonia con il cast e la troupe o capire se una sceneggiatura funziona o meno.
Ma si è parlato anche di discriminazione di genere nel mondo del cinema, un argomento quanto mai all’ordine del giorno.
La regista Nina Menkes ha sottolineato come anche il modo di girare le scene, la luce, l’angolazione, siano discriminatori nei confronti delle donne – aveva analizzato scene di numerosi film, in una precedente presentazione, per mostrare in pratica il concetto.
In sintesi, nel corso del tempo abbiamo assorbito questo linguaggio filmico e siamo stati indotti a credere che le donne non potessero essere ritratte come soggetti ma principalmente come oggetti.
Grazie al movimento #MeToo sono stati puntati i riflettori anche su questo particolare tipo di discriminazione, ma bisogna continuare a parlarne per educare il cinema all’agognata uguaglianza.