di Francesca Rossi
Sul conto del consigliere dello zar Nicola II Grigorij Efimovič Novych, meglio noto come Rasputin, si è detto e scritto di tutto.
Una figura controversa, magnetica e respingente allo stesso tempo, dotata di un fascino particolare a cui molti contemporanei non seppero resistere, prima fra tutti la zarina Alessandra Fëdorovna Romanova (1872-1918), che portò il misticismo e lo scandalo a corte.
Grigorij nacque il 9 gennaio 1869 (21 gennaio secondo il calendario giuliano) nel villaggio di Pokrovskoe, in Siberia. La giovinezza trascorse come quella di ogni altro contadino, pressoché analfabeta. Il ragazzo, però, mostrava già allora un’inclinazione mistica fuori dal comune, una sorta di esaltazione che lo avrebbe accompagnato tutta la vita.
L’attenzione ossessiva per la spiritualità non gli impedì di sposarsi, nel 1887, e di avere sette figli – di questi solo tre arrivarono all’età adulta.
Quello che sarebbe poi diventato Rasputin, assetato di risposte e conoscenza religiosa, iniziò a compiere pellegrinaggi in diversi monasteri russi e proprio in uno di questi, a Verkotur’e, incontrò il suo padre spirituale, lo starec Makarij.
Secondo alcune biografie, Grigorij aderì alla setta dei Chlysty, nata nel XVII secolo in Siberia e i cui membri, durante le celebrazioni che culminavano in riti orgiastici, usavano frustarsi per lavare via i peccati. Ancora oggi non è possibile stabilire con certezza se queste notizie abbiano un qualche fondamento storico o meno.
Fu in questi anni che chiameremo di apprendistato che l’uomo ebbe l’opportunità di sviluppare e accrescere la sua fama di guaritore e così intessere legami e amicizie di alto livello, che gli consentirono di arrivare fino allo zar.
Nicola II e Alessandra Fëdorovna erano in quel periodo sempre più preoccupati per la salute del loro unico figlio maschio, Alekseij, malato di emofilia. Nel 1905 Rasputin venne introdotto a corte, per usare le sue conoscenze taumaturgiche col giovane.
Secondo quanto la storia ci riporta, le sue preghiere e, forse, l’uso dell’ipnosi, riuscirono più volte ad avere risultati positivi sul bambino, laddove la medicina ufficiale era impotente. Coincidenze? Abili trucchi? Anche su questo punto si continua a discutere.
L’aspetto trasandato di Rasputin, i suoi occhi penetranti e i modi bruschi accrebbero la sua aura, grazie alla quale riuscì a sedurre e incantare molte nobildonne. Contro il suo carisma neppure la zarina seppe resistere (benché sia noto che i due non divennero mai amanti): con tutta probabilità la gratitudine nei confronti di questo uomo bizzarro e la paura di perdere Alekseij la resero dipendente dalla sua presenza.
Così iniziò la fortuna di Rasputin alla corte dello zar. L’influenza e il potere si svilupparono di pari passo con la capacità di guarire, seppur temporaneamente, lo zarevič.
Questo personaggio divenne talmente importante da ottenere il ruolo di mediatore tra il popolo e i sovrani, e tra questi ultimi e uomini di alto lignaggio che chiedevano intercessioni e favori di diverso tipo. Non solo: la famiglia imperiale difese sempre la condotta di Rasputin, ben presto giudicata, non a torto, immorale e libertina.
Nel 1914 Rasputin si oppose all’entrata della Russia nel primo conflitto mondiale, presagendo sciagura e distruzione per tutto il Paese. Contro gli eventi, però, questa volta non poté niente il suo carisma. Sembra che comunque il santone riuscì a manipolare le decisioni politiche della zarina, prese mentre il consorte era al fronte, creando una situazione di confusione, destabilizzazione e malcontento nel governo e in tutta la Russia.
Nonostante questo e l’influenza opprimente del corrotto Grigorij che stava iniziando a innervosire lo zar, i suoi servigi in favore di Alekseij non vennero mai meno.
Intanto, dietro le quinte, andava organizzandosi una congiura mortale contro Rasputin – personaggio divenuto ormai scomodo per molti – che si sarebbe concretizzata il 30 dicembre 1916 (17 dicembre secondo il calendario giuliano).
Alcuni nobili attirarono Rasputin con la scusa di una cena e avvelenarono il cibo col cianuro. Dal momento che l’espediente non sembrava sortire gli effetti desiderati (il santone continuava a mangiare come niente fosse) i congiurati decisero di farla finita con tre colpi di pistola. Il corpo dell’uomo fu poi gettato nel fiume.
Dall’autopsia risultò che il monaco nero non morì né per avvelenamento né a causa delle pallottole, bensì per annegamento, circostanza che contribuì a rendere ancora più forte la fama di indistruttibilità e l’alone magico intorno a lui.
Così terminò la vita e il fortunato destino (fortunato solo fino a un certo punto) di un contadino elevatosi a consigliere dello zar e a indispensabile presenza al capezzale del debole Alekseij. Sembra che Rasputin avesse previsto – o forse solo intuito? – la sua morte violenta, profetizzando che con lui sarebbe venuta meno anche la fortuna della famiglia imperiale. Come sappiamo lo zar, la zarina e tutti e cinque i figli vennero uccisi dai rivoluzionari poco dopo.
Se Rasputin fu un ciarlatano o un vero guaritore è impossibile stabilirlo, come non si può sapere se le sue profezie fossero frutto di un’accesa spiritualità o solo di un abile calcolo politico. La razionalità suggerisce la risposta, ma qualche dubbio su questo inafferrabile personaggio sbucato dall’oscurità di un villaggio siberiano rimane.
Quel che è certo è che la sua figura è entrata nella leggenda come una delle più nere e scandalose di Russia e, magari proprio per questo, affascinante e respingente allo stesso tempo, come fu lo stesso Grigorij per tutta la vita.