Un film di Christophe Honorè. Con Vincent Lacoste, Pierre Deladonchamps, Denis Podalydès, Adèle Wismes, Thomas Gonzalez, Clément Métayer, Quentin Thébault. Titolo originale: Plaire, aimer et courir vite. Drammatico, 132′. Francia, 2018
1993. Lo scrittore Jacques si trova a Rennes per una presentazione. Lì conosce Arthur, studente universitario. Scatta subito qualcosa tra i due, nonostante la differenza di età: Arthur capisce di essere innamorato, mentre Jacques cerca di fuggire da una relazione seria.
I diritti della comunità LGBT sono tra le tematiche più trattate dal cinema degli ultimi anni. Ma questa attenzione – concettualmente giusta, giustissima, ci mancherebbe – si traduce sempre in pellicole di qualità? Detto altrimenti, non si corre il rischio di strumentalizzare alcune storie, cercando di cavalcare l’onda di un genere di successo?
Questa premessa per dire che onestamente, con tutte le cautele del caso, a me la pellicola “Sorry angel” di Christophe Honoré, presentata in concorso a Cannes, non ha convinto per niente. L’ho trovata retorica, a tratti banale, poco coinvolgente.
Qual era, prima di tutto, l’obiettivo del regista? Perché quello che si nota è un eccessivo proliferare di tematiche, spunti, idee che però non vengono legate a dovere.
Il focus della storia è Jacques (Deladonchamps), scrittore quarantenne bisessuale, che negli anni ’90 ha una vita sessuale libera e confusionaria? È la voglia dell’uomo di avere comunque un figlio – con l’amica – e poi il suo modo di vivere la paternità? Sono i compromessi a cui deve sottostare, data la società bigotta dell’epoca?
Oppure sono le contraddizioni del giovane Arthur (Leconte), studente bretone di cinema, che inizia con Jacques una storia senza pretese?
E come si inserisce in tutto questo l’amico e vicino di casa omosessuale di Jacques? Perché il personaggio, ben costruito e magistralmente interpretato da Denis Podalyès, sembra legato in maniera forzale al racconto principale.
“Sorry angel” è la storia di due anime distanti, accomunate dalla morbosa ricerca del piacere, visto come unico strumento di felicità e stabilità.
Ad alcuni dialoghi ispirati, brillanti e commoventi si alternano scene di sesso selvaggio e quasi inutile, che finiscono per svilire la forza della pellicola. Probabilmente in fase di scrittura quella che poteva essere una storia formativa e commovente ha finito per perdere la strada.
Credevo che dopo il trionfo a Cannes 70 di “120 battiti al minuto” di Robin Campillo (qui la recensione), la questione gay fosse chiusa, quanto meno sulla Croisette. Evidentemente mi sono sbagliato, come spesso accade. Auguriamoci solo che la giuria di Cate Blanchett non si faccia influenzare dalla bontà del tema soprassedendo sulla qualità del film in se e per se.
Il biglietto da acquistare per “Sorry Angel” è:
Neanche regalato (con riserva). Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.