“Regina”: un film che parte da buone idee ma stecca nella realizzazione

Francesco Montanari e Ginevra Francesconi protagonisti dell'opera prima di Alessandro Grande

Francesco Montanari in una scena di "Regina".

Un film di Alessandro Grande. Con Francesco Montanari, Ginevra Francesconi, Barbara Giordano, Max Mazzotta. Drammatico, 82′. Italia 2020

Luigi è rimasto da solo a crescere sua figlia Regina da quando la moglie è venuta a mancare. Per questo ha abbandonato il sogno di una carriera artistica come bassista, e riversa le sue speranze sulla figlia 15enne che ha un talento canoro meritevole di un palcoscenico adeguato. Il legame fra Luigi e Regina è intenso e paritario: lui le tinge i capelli, lei gli pratica le iniezioni necessarie per attutire il dolore che prova alla schiena. Quando i due restano coinvolti in un incidente del quale condividono la responsabilità le loro strade cominciano a dividersi: Regina, schiacciata dal senso di colpa, va alla ricerca di una redenzione; Luigi ignora i propri obblighi e si rifugia in un diniego sistematico.

 

Esordio nel lungometraggio di Alessandro Grande, dopo il David di Donatello per il corto “Bismillah”, “Regina” è un dramma familiare che affronta un tema di grande attualità: la difficoltà per gli adulti di oggi di smetterla di fare cazzate e comportarsi, con i propri figli, da genitori. 

Tra Luigi (un Montanari abbastanza prevedibile, che per molti versi spreca l’occasione di confrontarsi con un ruolo inedito) e Regina (una Ginevra Francesconi molto più credibile, che con gli occhi e la voce regge buona parte del peso del film), infatti, fin dall’inizio non si capisce bene chi sia l’adulto e chi il ragazzino.

Le intenzioni erano buone, purtroppo “Regina” delude quando da idea diventa film a tutti gli effetti. La regia di Grande è altalenante, dal taglio chiaramente televisivo, molto incerta su ciò che vuole davvero mostrare. Manca sottigliezza, in questo film, manca la capacità di far parlare i non detti, i silenzi. 

Interessante, invece, la componente musicale: se all’inizio la colonna sonora fa pensare di avere davanti un’opera pop, piano piano vira su toni più ruvidi e freddi. È il sottofondo giusto per il viaggio di Regina, contrapposto a quello del padre. Lei cerca redenzione, lui (non) cerca maturità.