A nemmeno un anno dall’uscita in Italia del primo romanzo, “Raybearer“, Fazi ha portato sugli scaffali delle librerie, nella sua collana Lainya, anche “Redemptor“, il capitolo conclusivo della dilogia fantasy di Jordan Ifueko.
L’autrice riprende la storia da dove ci eravamo interrotti. Tarisai ora siede sul trono dell’impero arit e, per la prima volta nella storia, si trova a dover coniugare il potere del Raggio con il ruolo del Redentore. Le sfide che si prospettano alla nuova imperatrice sono tutt’altro che semplici, e lei si sente sempre più sola e isolata da tutti…
Se avete letto la mia recensione del primo romanzo, saprete che l’universo magico e misterioso creato dalla penna di Ifueko, e ispirato alle terre dell’Africa occidentale, mi aveva conquistata già alla sua prima apparizione. La magia si è ripetuta, e rafforzata, in “Redemptor”! Con l’ascesa al trono di Tarisai, infatti, e la necessità per la nuova imperatrice di ungere un proprio concilio formato dai re dei regni arit, l’autrice ha potuto ampliare il raggio di osservazione, raccontandoci ancora più dettagli.
Ambientazione promosso a pieni voti, insomma. La trama è intrigante anche se personalmente ho preferito il primo romanzo. C’è ampio spazio per gli intrighi di corte e per la “componente sociale” – le rivolte, le ingiustizie interne ai regni, le condizioni di vita dei poveri -, meno per la discesa agli inferi vera e propria che di fatto si riduce a pochi capitoli conclusivi e si risolve in modo anche troppo semplice. Non so. Dopo tanta attesa e tante aspettative create, forse era lecito aspettarsi qualcosa di diverso.
Tarisa, ahinoi, soffre di quella che mi piace definire – non me ne voglia la buona J. K. Rowling! – “la sindrome di Harry Potter”: quando il gioco si fa duro, il giovane eroe/eroina sviluppa una fastidiosa tendenza ad auto-commiserarsi, considerarsi solo al mondo, sentirsi incompreso e (auto)sabotarsi e (auto)allontanarsi da chi lo ama.
Quello che le è capitato nel capitolo precedente in parte giustifica questo atteggiamento, però chi legge non capisce le sue scelte fino in fondo. Si ha la sensazione che parecchi dei suoi problemi si sarebbero alleggeriti anche solo parlandone con qualcuno!

I fratelli e sorelle del primo concilio vengono lasciati piuttosto in disparte, opportunamente mandati nei rispettivi regni all’inizio della storia per toglierli di torno. Si avverte la loro assenza, ci mancano la lungimiranza di Kyra, la presenza di Sanjeet. I nuovi personaggi sono ben caratterizzati, ma con quelli “vecchi” c’era una connessione diversa, maggiore.
“Redemptor” è un one-woman show più che un’opera corale. Il finale è adeguato per la dilogia, le emozioni non mancano. Quello che resta, alla fine, è soprattutto l’aura mistica e incredibilmente promettente dell’ambientazione, le suggestioni visive e quel tono da epopea fantasy che al momento dell’epilogo ti fa persino scendere una lacrimuccia.











