Luca Favaro lavora come infermiere da anni. Proprio dalla sua esperienza professionale ha tratto ispirazione e materiale per la sua prima raccolta di racconti, “Il sole in una lacrima”, pubblicata nel 2009. A questo libro ne sono seguiti altri due, “Il sentiero della libertà” pubblicato con Odoya, e “Ti ho visto” edito da La Gru.
Conosciamo meglio questo autore, che non sogna di fare della scrittura la sua professione principale, ma ama scrivere per se stesso e per comunicare qualcosa al mondo.
Come nasce in te la passione per la scrittura?
Dalla lettura indubbiamente. Poi dal desiderio di comunicare, di essere letto, ascoltato. Quando scrivo mi piace soprattutto generare emozioni, mi piace pensare che chi legge si commuova. In genere io stesso mi commuovo mentre scrivo o rileggo ciò che ho scritto. La scrittura è un po’ una fuga dal mondo e un ritrovarmi con me stesso. Scrivo per commuovere, scrivo per comunicare, e scrivo per fuggire anche se non ho ancora capito da chi e da che cosa. Ma posso intuirlo.
Le tue tre opere edite sono raccolte di racconti. Perché hai scelto di cimentarti in questa forma di scrittura? Pensi che ci siano dei pregiudizi da parte del pubblico – più vicino ai romanzi lunghi – oppure ritagliarsi una fetta di pubblico non è un’impresa impossibile?
Probabilmente perché io stesso apprezzo molto di più le raccolte di racconti che i romanzi lunghi. Sono cresciuto leggendo soprattutto racconti, di Dino Buzzati, Italo Calvino, il Mauro Corona dei primi libri. È probabile che questo mi abbia influenzato dal punto di vista della scrittura. I racconti vendono poco, almeno all’inizio, a meno che non appartengano a qualche scrittore già famoso. Niente è impossibile, quindi anche ritagliarsi una fetta di pubblico non lo è. Magari si comincia dagli amici, dai parenti e dai colleghi, ma poi, piano piano, se si persevera, l’onda si espande raggiungendo progressivamente anche gli altri. Molte persone che conosco non amano le raccolte di racconti e propendono per i romanzi, ma se attraverso il passaparola arriva il messaggio che quel libro è bello e merita di essere letto, certi pregiudizi cadono col tempo. Bisogna avere pazienza, costanza e perseveranza, e soprattutto non mirare al successo, ma fare le cose per piacere personale e con passione.
Parliamo per un attimo del tuo ultimo lavoro, “Ti ho visto”. A cosa ti sei ispirato per scriverlo?
“Ti ho visto” è il titolo del racconto principale della raccolta. Può essere considerato come un canto di lode a Dio scritto da me in un momento di particolare trasporto emozionale durante la preghiera quotidiana. Molte volte la gente dice “io parlo con Dio, ma lui non mi risponde”, con questo racconto si sottolinea il fatto che Dio risponde eccome, soprattutto servendosi delle persone e di tutte le dinamiche delle relazioni umane, così come degli avvenimenti quotidiani, soprattutto quelli routinari, che si ripetono ogni giorno. Il racconto si apre con il mio incontro con un barbone che staziona davanti all’ospedale, una persona che incontro tutti i giorni senza prestarci molta attenzione, ma quel giorno, chissà perché, quella persona aveva qualcosa di diverso, e ha pronunciato delle parole e mi ha donato quel sorriso di cui avevo davvero bisogno. In quel momento Dio mi ha parlato attraverso quella persona. Come posso esserne certo, direte voi? Non sono in grado di darvi nessuna prova concreta, in realtà, di quello che ti sto dicendo, sono cose che si sentono dentro, nel cuore, e sono esperienze talmente profonde che non esiste parola che possa renderne pienamente l’intensità. Per quel racconto, come per tutti gli altri, mi sono ispirato alla vita quotidiana.
Questa è la tua terza pubblicazione, con tre editori diversi. Com’è stato il tuo avvicinamento al mondo editoriale? Sei arrivato con facilità al “grande pubblico” oppure hai dovuto bussare a molte porte prima di trovare qualcuno che credesse in te?
Francamente non credo di essere ancora arrivato al “grande pubblico”, e credo sia molto difficile arrivarci essendo autori sconosciuti e appoggiandosi a piccoli editori. Probabilmente per raggiungere le masse dovresti avere un grosso editore alle spalle, in grado di promuoverti, pubblicizzarti e distribuirti adeguatamente. Non che la cosa non sia possibile con una piccola casa editrice, ma ci vuole molto tempo e un lavoro certosino e costante negli anni. Per ora non posso lamentarmi, soprattutto dei soggetti con cui ho pubblicato i miei ultimi due lavori, tuttavia mi manca un po’ fa figura del “mio editore”. Nel senso che mi piacerebbe tanto trovare qualcuno che creda veramente in me, al punto da poter pubblicare più opere con lui, e crescere insieme. Non sono poi così sicuro che gli editori con cui ho pubblicato fino ad oggi credano davvero in me, anche se, ripeto, non posso assolutamente lamentarmi di nessuno di loro.
Dalla tua biografia, leggo che sei passato anche attraverso un’esperienza di pubblicazione a pagamento. Oggi faresti ancora quella scelta?
Se tornassi indietro no, non farei la stessa scelta. Se proprio volessi pagare per pubblicare una mia opera mi rivolgerei a un print on demand, perché non cambierebbe molto dal punto di vista dell’editing, mi arrangerei a promuovere la mia opera come dovrei comunque fare con un editore a pagamento, acquisterei le copie che mi servono a un prezzo molto inferiore e guadagnerei anche qualcosa sulle vendite. Avrei la piena autogestione del mio libro e non incorrerei nel secondo imbroglio che alcuni editori purtroppo esercitano: il pagamento dei diritti d’autore. Altro lato negativo di un editore a pagamento è che non avrai mai un resoconto reale del venduto; e poi c’è il fatto che spesso pubblicare a pagamento significa marchiarsi a fuoco e rendere più difficoltoso il proseguimento della carriera. Doversi presentare a un editore serio con una pubblicazione a pagamento alle spalle, significa a volte essere scartati a priori. È davvero un pessimo biglietto da visita, e questo l’ho sperimentato sulla mia pelle.
Come valuti, in generale, la situazione editoriale italiana? C’è apertura verso i giovani e le nuove idee? E quanto ha cambiato il panorama l’auto-pubblicazione e il mercato digitale?
Non ho molto da dire in merito alla situazione editoriale del nostro paese. Ci sono gli editori maggiori che si prendono la fetta più grossa di mercato e possono contare su canali di promozione massicci. Purtroppo oggi si punta più sul potenziale di vendita di un libro che sulla sua reale qualità. D’altro canto non me la sento di criticare i grandi editori: non fanno altro che rispondere alle esigenze del pubblico, proponendo alla gente ciò che la gente chiede. L’auto-pubblicazione apre davvero strade nuove, consentendo un po’ a chiunque di pubblicare e di mettersi in gioco; tuttavia questa strada non offre validi sistemi di promozione, e nella maggior parte dei casi l’autore difficilmente riesce a raggiungere il grande pubblico. Per quanto riguarda il mercato digitale, credo si stia espandendo molto lentamente, almeno qui in Italia, e credo che il cartaceo rimanga comunque la via preferenziale seguita da molti.
Grazie anche al digitale, i libri di giovani emergenti si moltiplicano. Secondo te esiste una formula magica per sfondare? Il talento, prima o dopo, viene premiato o è anche una questione di fortuna?
Anche se so che ci sono persone che hanno sfondato più per fortuna che per talento, sono sempre convinto che ci vogliano entrambi. Ci sono talenti che non hanno avuto fortuna, e non hanno mai sfondato, purtroppo.
Di scrittura si può ancora vivere o è meglio avere un lavoro complementare?
Io posso parlare in base all’esperienza che ho avuto pubblicando con piccoli editori, e posso dire che è pressoché impossibile, in questo caso, vivere di scrittura. Probabilmente è più facile approdando nella grossa editoria, ma francamente ho i miei dubbi. Credo siano molto pochi in Italia a potersi permettere di vivere solo di scrittura.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Continuare a leggere e a scrivere. Sto lavorando al mio primo romanzo, ma adesso come adesso non ho proprio idea di quando sarà pronto. Non ho nessuna fretta.
E il tuo sogno nel cassetto?
Francamente mi ritengo felice e soddisfatto della vita che conduco. Cosa potrei volere di più? Ho tutto ciò che mi serve per essere felice. Non posso desiderare altro, perché sarebbe superfluo. Se dovessi morire oggi direi ai miei amici e familiari: “Non piangete per me. Ho avuto una vita meravigliosa. Certo, con qualche problema e qualche sofferenza, come tutti gli esseri umani, ma meravigliosa”.
Se volete conoscere meglio questo autore e i suoi lavori vi segnaliamo che il 28 novembre in Sala consigliare di Villa Olivi a Breda di Piave (TV) Luca Favaro presenterà il suo libro di racconti.