“Questo è un uomo”: la storia di Primo Levi, simbolo di una tragedia collettiva

Thomas Trabacchi intenso e credibile nella docufiction Rai diretta da Marco Turco

Un film di Marco Turco. Con Thomas Trabacchi, Sandra Toffolatti, Werner Waas.
Biografico, drammatico. Italia 2021

Marzo 1982. Primo Levi passeggia in montagna quando si sloga una caviglia. È da solo, ferito, sull’orlo di un precipizio. Viene salvato da un uomo misterioso, che lo porta con sé nella sua baita, gli fascia la caviglia e gli dà ospitalità. È a lui che Levi racconta la sua storia: l’infanzia a Torino, la scuola, le leggi razziali e la breve parentesi nella Resistenza fino all’arresto, il 13 dicembre del 1943, con la decisione di dichiararsi ebreo piuttosto che partigiano ed evitare così di essere fucilato. Primo Levi viene prima internato nel Campo di Fossoli, poi deportato ad Auschwitz il 22 febbraio del 1944, dove rimarrà fino al 1945. Quando torna a Torino, lo scrittore sente il bisogno di raccontare ciò che è accaduto ad Auschwitz e negli altri campi di concentramento nel libro “Se questo è un uomo”. L’opera, respinta dalla Einaudi, viene pubblicata da un piccolo editore e vende solo mille copie, ma riceve la bella recensione di Italo Calvino. Levi resta uno scrittore della domenica fino al 1956, quando il libro viene ripubblicato dall’Einaudi diventando un successo internazionale. E mentre racconta la sua vita, Levi scopre l’identità del suo misterioso interlocutore.

 

A volte ho la sensazione che siamo colpevoli d’essere sopravvissuti. Questa è una delle frasi più forti e significative che Primo Levi (un intenso e credibile Thomas Trabacchi) rivolge, nella docufiction trasmessa su Rai1, all’amica editrice Natalia Ginzburg, che con la Einaudi gli aveva rifiutato, nel 1949, la pubblicazione del romanzo “Se questo è un uomo”.

Il passaggio, molto intenso, fa subito capire allo spettatore il tono di “Questo è un uomo“, nato da un soggetto di Salvatore De Mola, che non si limita al mero racconto biografico, ma porta avanti una mission più profonda, intima, malinconica.

Il regista Marco Turco racconta gli affanni, i dolori, le delusioni dell’uomo prima che dello scrittore o del sopravvissuto al campo di sterminio di Auschwitz.

La docufiction inizia nel 1982, cinque anni prima della sua morte, quando Primo Levi si sloga una caviglia durante un’arrampicata in montagna. Solo e in pericolo, viene soccorso da un uomo misterioso che gli offre cure e ospitalità nella sua baita.

Nella notte che sono costretti a passare insieme, lo scrittore racconta la propria vita. Un racconto che si tramuta in una sorta di confessione laica o se preferire di auto-terapia, ma che lo sconosciuto ascolta insofferente e piuttosto scettico. Mettendone persino in dubbio la veridicità.

E lo spettatore assiste alquanto sgomento a questo continuo scambio d’accuse e piccate risposte che fanno emergere le fragilità e contraddizioni dell’uomo Levi, deportato ad Auschwitz nel 1944 e uscitone vivo. Dopo quella tremenda esperienza, nonostante fosse un chimico, sentì l’urgenza di testimoniare la propria esperienza, e questa è poi diventata il simbolo di una tragedia collettiva

In “Questo è un uomo” la parte di fiction viene integrata dalle interviste di chi ha conosciuto Levi e ne ha compreso aspetti umani essenziali: Marco Belpoliti (scrittore e studioso), Edith Bruck (scrittrice testimone), Noemi Di Segni (Presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane), Anna Foa (storica), David Meghnagi (psicoanalista e scrittore), Moni Ovadia (uomo di teatro, attivista dei diritti civili e sociali), Giovanni Tesio (docente e critico letterario).

Un toccante e sincero ritratto di Primo Levi, quello diretto da Turco. Una docufiction da vedere per conoscere e apprezzare lati inediti di questo sopravvissuto e testimone dell’Olocausto, capace di dimostrarsi fragile ma anche combattivo. Di un uomo che mise tutto se stesso perché la propria storia diventasse memoria storica collettiva.