“Puoi baciare lo sposo”: coronare un sogno d’amore nell’Italia dei pregiudizi

Alessandro Genovesi dirige un film coraggioso, che ha però diverse pecche strutturali e narrative

Un film di Alessandro Genovesi. Con Diego Abatantuono, Monica Guerritore, Salvatore Esposito, Cristiano Caccamo, Dino Abbrescia. Commedia, 90′. Italia, 2018

Una coppia ha tutta l’intenzione di sposarsi. L’amore c’è, la tolleranza per i reciproci difetti anche, manca solo la ciliegina sulla torta: un bel matrimonio, con tanto di benedizione dei rispettivi genitori. Così i futuri sposi (un lui e un lui) vanno prima a Civita di Bagnoreggio, poi a Napoli, per comunicare alle mamme – e a un papà che si riscopre omofobo – la voglia di unirsi civilmente di fronte ad amici e parenti. Le reazioni saranno molteplici e inaspettate, tra equivoci e ribaltamenti di prospettive, più una puntuale decostruzione di pregiudizi e luoghi comuni sull’omosessualità.

 

Il 5 giugno 2016 il Parlamento italiano, dopo lunghe e vibranti discussioni, ha approvato la legge Cirinnà sulle unioni civili. Per i militanti LGBTI è stato solo un piccolo passo, in un Paese ancora troppo conservatore. Per i moderati una sconfitta nella lotta per la difesa delle tradizioni.

Sia come sia, due anni dopo sono tante le coppie omosessuali che hanno potuto coronare il loro sogno d’amore. Mentre il dibattito sui diritti negati continua a incendiare gli animi – e a riempire la bocca dei politici, soprattutto in campagna elettorale – anche il cinema di casa nostra ha deciso di dire la sua sulla questione.

Stando al regista Alessandro Genovesi, “Puoi baciare lo sposo” – che si ispira a un musical di successo, “My Big Italian Gay Wedding” – è un film che utilizza l’arte di far sorridere per affrontare gli stereotipi e i pregiudizi che ancora ostacolano la compiuta attuazione delle unioni civili in Italia.

Peccato che, nonostante la bontà dell’idea di fondo, il film sia un fallimento quanto a sceneggiatura e messa in scena. Ci dispiace essere così duri e critici nei confronti di una pellicola “apripista” nel panorama conservatore del cinema italiano, ma la sensazione dominante è quella di trovarsi davanti a un’occasione sprecata.

Non convince la scelta di esasperare le personalità dei protagonisti, rendendo banali e stucchevoli, ad esempio, le reazioni di Roberto (Abbatantuono) e Anna (Guerritore), genitori di Antonio (Caccamo), davanti alla scelta del figlio. Lo spettatore ha la sensazione di vedere, più che un film sulle unioni civili, una farsa.

La storia appare forzata e stereotipata, nonostante la collaborazione di Francesca Vecchioni, presidente dell’associazione Diversity che da anni si occupa della rappresentazione responsabile delle persone LGBTI, alla revisione della sceneggiatura.

L’idea di far sposare la coppia in una Chiesa sconsacrata da Don Francesco (Catania) lascia perplessi: non tanto per motivi etici o religiosi, quanto per il personaggio interpretato da Antonio Catania, che sembra messo lì per caso.

Salvatore Esposito ha dimostrato coraggio nell’accettare un ruolo, quello di Paolo, lontano anni luce dal Gennaro Savastano di “Gomorra – La serie” che lo ha reso celebre. Nonostante in qualche scena l’attore napoletano ceda alla tentazione di riporre una recitazione e una fisicità “gomorriana”, nel complesso supera la prova.

Beatrice Arnera è invece convincente e credibile nel ruolo Camilla, ex di Antonio, mai rassegnata alla rottura al punto di trasformarsi in una tragicomica stalker. Dino Abbrescia, dopo “Cado dalle Nubi” e “Non c’è due senza te”, conferma talento e poliedricità nello spumeggiante ruolo di Donato.

“Puoi baciare lo sposo” è ben lontano dall’essere un film perfetto, ma chissà che con l’inaspettato e divertente finale non possa almeno regalare un sorriso convinto allo spettatore, indipendentemente dalle sue idee politiche.

 

Il biglietto da acquistare per “Puoi baciare lo sposo” è:
Neanche regalato
(con riserva). Omaggio. Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.