“Poveri ma ricchissimi”: spunti satirici e comici che non graffiano

Un anno dopo, torna la famiglia ciociara Tucci, impegnata in una versione italiana della Brexit

Un film di Fausto Brizzi. Con Christian De Sica, Enrico Brignano, Lucia Ocone, Bebo Storti, Lodovica Comello. Commedia, 90′. Italia, 2017

Torna la famiglia Tucci, sempre più ricca e sempre più cafona ma con una passione nuova: la politica. Ai Tucci l’ostentazione del lusso non basta più, hanno capito che la vera svolta è il potere. E così decidono di indire un referendum che permetta al loro paesino di uscire dall’Italia, dichiararsi Principato indipendente e proporre così nuove leggi. Una vera e propria “Brexit Ciociara”, un Principato a conduzione familiare con a capo un uomo dalla pettinatura improbabile, un solido conto in banca, ma soprattutto molto cafone: Danilo Tucci, l’unico leader al mondo che fa più gaffes di Donald Trump.

 

Finalmente è arrivato il 14 dicembre. Dopo che il nome di Fausto Brizzi, per tante settimane, è stato al centro di processi e linciaggi – mediatici – che hanno portato anche la Warner Bros. a prendere le distanze dal regista romano e interrompere ogni collaborazione arriva in sala “Poveri ma ricchissimi”. E possiamo tornare a parlare solo di cinema, e lasciare alle autorità competenti il compito di accertare responsabilità ed eventuali condotte improprie.

Un anno fa il sottoscritto fu uno dei pochi a sbilanciarsi e prevedere la vittoria di “Poveri ma ricchi” nella battaglia natalizia, proprio perché il film non era il classico cine-panettone. Gli sceneggiatori, ispirandosi a una pellicola francese, avevano scritto un riadattamento in chiave italiana efficace, divertente e brillante, dando vita alla famiglia Tucci e conquistando il pubblico.

Dodici mesi dopo, senza il riferimento francese, Brizzi, Martani e Vecchi avevano il difficile compito di confermarsi, dimostrando creatività e talento. Ebbene “Poveri ma ricchissimi” supera l’esame, ma strappando uno striminzito 18. L’intreccio narrativo è esile, prevedibile, fiacco, privo di forza e incisività, coinvolgente solo di rado.

Il film è costituito da una serie di scetch, parodie (davvero riuscita ed esilarante quella di “50 sfumature” con protagonisti Lucia Ocone e Massimo Ciavarro, scrittore fascinoso e con i gusti di Mr Grey, lui, ma malmenato da lei) e rivisitazioni di pellicole di successo targate Disney (“Maleficent”, “Cenerentola”).

La cornice politica è costituita da due fatti di stretta attualità: la Brexit e l’elezione di Donald Trump alla Casa bianca. Ebbene la famiglia Tucci, tornata ricca, si fa fautrice della  Torresecca-exit dall’Italia, per dare vita a un paradiso fiscale in salsa ciociara. L’idea di partenza, valida e divertente, viene però sviluppata in modo scialbo e prevedibile.

Quello che viene meno, purtroppo, è proprio l’elemento che aveva decretato il successo del primo film: “Poveri ma ricchissimi” risulta troppo un cine-panettone, e non di alto livello.

Dei nuovi attori, solo Massimo Ciavarro è dignitoso, mentre Paolo Rossi, Giobbe Covatta e Dario Cassini appaiono fuori contesto, i loro personaggi appena abbozzati e quasi inutili. Anche il cast “storico” non riesce a ripetere l’exploit di un anno fa, colpa di una sceneggiatura tristemente piatta e monocorde.

Dal grigiore si salva Lucia Ocone, autrice di una formidabile, brillante e carismatica performance. La sua Loredana Tucci – divisa tra il ruolo di First lady, moglie e donna trascurata – rappresenta probabilmente l’unico motivo valido per pagare il biglietto e vedere il film.

Alla fine la morale è chiara: l’unica vera ricchezza è l’affetto della propria famiglia. Quello né la sorte né i giudizi affrettati possono portarcela via – oppure sì?

 

Il biglietto da acquistare per “Poveri ma ricchissimi” è:
Nemmeno regalato. Omaggio
(con riserva). Di pomeriggio. Ridotto. Sempre.