“Piume bianche”: recensione del romanzo di Jacqueline Winspear

Neri Pozza pubblica il secondo caso della detective-psicologa nella Londra degli anni '30

Alcuni romanzi o collane, per me, rappresentano la definizione stessa di confort zone. Qualsiasi periodo della mia vita io stia attraversando, che sia estate o inverno, posso stare sicura che, una volta aperti, non mi deluderanno.

Nella categoria rientrano sicuramente i gialli storici editi da Neri Pozza: le indagini di Perveen Mistry – di cui ancora stiamo aspettando la traduzione del terzo volume -, le rocambolesche avventure delle sorelle Mitford. E dallo scorso anno, i casi di Maisie Dobbs, detective privata e psicologa nell’Inghilterra degli anni ’30, nata dalla penna di Jacqueline Winspear

Dopo l’esordio lo scorso anno in “Un semplice caso di infedeltà” (qui la mia recensione), ritroviamo la protagonista in Piume bianche, uscito il 14 aprile. E a me, come ho premesso, sono bastate una pagina o due per sentirmi letteralmente come a casa, coinvolta e trasportata indietro nel tempo e nello spazio.  

Nella primavera del 1930 la crisi economica sta mettendo il mondo in ginocchio, anche se non tutti piangono miseria. Joseph Waite ha costruito dal niente un impero, ma ha un problema, la sua erede, la trentaduenne Charlotte, ha fatto perdere ogni traccia di sé, volando via dalla gabbia dorata del privilegio in cui il rude e anaffettivo magnate l’ha rinchiusa.

Waite vuole che Maisie la ritrovi, in fretta e senza troppo clamore. Pur non apprezzando i modi spicci e imperativi dell’arrogante “nuovo ricco”, Maisie di questi tempi non può certo rifiutare un incarico, sebbene non particolarmente stimolante. L’indagine però prende presto una piega inaspettata: dal passato di Charlotte emerge più di una ragione per la sua fuga, se di fuga si tratta.

Inoltre – ultimo fatto ma non per importanza – tre delle sue migliori amiche di un tempo sono andate incontro a una morte violenta, con un unico, piccolo dettaglio che accomuna le diverse scene del crimine… Con l’ausilio dell’insostituibile assistente Billy Beale, Maisie indaga sul caso, scoprendo ramificazioni e sviluppi imprevisti.

La componente mistery è sicuramente intrigante e ben sviluppata. Dopo aver letto “la missione di giornata” di Maisie e Billy, ovvero “semplicemente” rintracciare una trentenne scappata di casa su mandato del padre, viene da domandarsi come sarà possibile costruirci sopra un intero romanzo, perché sembra uno spunto un po’ esile… ma ecco che la storia si complica pagina dopo pagina, con anche l’inserimento di alcune storyline che definirei “personali”, e davvero non c’è modo di annoiarsi

Ma “Piume bianche” è anche un romanzo storico impeccabile, dove la ricostruzione del periodo e dei luoghi colpisce per la precisione e la ricchezza dei dettagli, a dimostrazione del grande lavoro di ricerca svolto dall’autrice in questo senso.

La Londra degli anni ’30 prende vita, con tutte le sue contraddizioni e i suoi drammi. Nonostante dalla fine della guerra siano passati oltre dieci anni, si notano ancora degli strascichi, una malinconia di fondo che pervade ogni ambiente e persona. È uno degli elementi dei romanzi della Winspear che mi piacciono di più: sono storie realistiche, credibili in ogni minimo dettaglio. 

Per assurdo, forse quello che non non mi convince fino in fondo – oppure che non riesco ad apprezzare al 100% – è proprio la protagonista. Maisie Dobbs è un po’ troppo perfettina, per i miei gusti! Ha quell’atteggiamento da prima della classe rigida, convinta di avere sempre la verità in tasca, nonostante, nelle parole, si metta in discussione, che trovo alquanto fastidioso… Ma in ogni caso il suo lavoro – risolvere casi e aiutare, dove possibile, gli altri – lo sa fare bene, quindi avanti il prossimo!