Il bello (o il brutto, a seconda dei punti di vista) di “Pastorale americana” di Philip Roth, edito da Einaudi, è che per centinaia di pagine non succede praticamente niente – o meglio, non arrivano rivelazioni così devastanti – e poi nel finale… se ne vedono (e sentono) di tutti i colori.
La figlia della coppia americana perfetta, Merry, si è data alla macchia dopo aver messo una bomba nello spaccio cittadino – ma è stata davvero lei? Fino a quando il padre non la incontra non c’è certezza nemmeno su quello – ma il matrimonio tra Seymur e Dawn sembra comunque solido.
Invece, nel giro di poche pagine, scopriamo che: a) il buono e bravo Svedese ha avuto un’amante per alcuni mesi – oltre il danno la beffa, l’uomo scoprirà solo dopo che è stata proprio lei a nascondere la figlia nei primi giorni della latitanza; e b) Dawn ha una relazione (da quanto va avanti? Come è iniziata? Perché? Non ne sappiamo niente) con un vicino di casa. La scomparsa di Merry, quindi, ha davvero sfasciato la famiglia, portando anche i coniugi a distaccarsi.
Come finisce questo libro? Di nuovo, il bello (o il brutto) è che non finisce in nessun modo. Quando si arriva all’ultima pagina, si resta con una serie di punti interrogativi, nessuna risposta, solo dubbi.
Che ne sarà di Merry? Sappiamo da alcuni passaggi di inizio libro che, nel presente, dovrebbe essere morta. Ma è vero? E nel caso, come? E soprattutto, quando? Sappiamo anche che i coniugi Levov hanno divorziato – infatti quando lo scrittore e Seymour si incontrano questo non fa altro che parlare della sua seconda famiglia, dei tre figli maschi. Ma come sono andate le cose? E che fine ha fatto Dawn? E ancora, Seymour ha più rivisto la figlia? Ha fatto qualcosa per lei?
Chi legge avrebbe bisogno di un secondo libro, del continuo della storia. Ma il romanzo è tutto qui. Questo finale aperto è la miglior conclusione per una vicenda come questa? Per la caduta “dei giganti” e il crollo di tutti gli ideali americani? Ancora domande senza risposta.
Per quanto sia considerato un classico contemporaneo, quindi, per definizione, difficile da criticare, non si può negare che l’inizio del libro sia lento. Parole, parole e ancora parole sulla carriera scolastica dello Svedese, sugli inizi del mito, sulla gioventù.
Le cose migliorano da un certo punto in poi – quando la trama si complica via via con tutti gli elementi sovversivi (Merry, la moglie Dawn, la crisi economica). Vale la pena insistere nella parte più pesante per arrivare al dopo. Non gettate la spugna.